di SILVIA PETITTI
Alterità Forestieri e Inquilini
Straniero è ciò che proviene da altro luogo e non appartiene a questo. A coloro che sono qui egli appare strano, non familiare e incomprensibile; ma il mondo di qui è altrettanto incomprensibile allo straniero che viene ad abitarvi […]. Soffre, per ciò, il de- stino dello straniero che è solitario, senza protezione, incompreso e incapace a comprendere […]. Angoscia e nostalgia della patria sono parte del destino dello straniero. Egli, che non conosce le strade del nuovo paese, girovaga sperduto; se impara a conoscerle troppo bene, dimentica di essere uno straniero e si perde in un senso diverso, […] diventando estraneo alla sua propria origine.
La descrizione di Hans Jonas fotografa con precisione i volti che ogni giorno incontriamo nei luoghi ordinari della nostra vita. Descrive il “tempo dello straniero”: ovunque c’è qualcuno che resta estraneo a chi gli è vicino, sconosciuta la sua lingua, ignota la sua terra, infranta la sua identità. Jonas visualizza un dilemma che genera sofferenza e disagio, fastidio paura e rifiuto, ai due lati di una linea di confine che separa ciò che è escluso da ciò che è incluso. Un dilemma per il quale pare non esserci soluzione, ma solo esasperazione. Costatiamo ogni giorno, qualunque siano le convinzioni che abbiamo e i sentimenti che proviamo, che la soluzione di questo dilemma è un’urgenza del nostro tempo.
L’urgenza di elaborare un nuovo pensiero, capace di accogliere questa sfida, è il centro di un libro non recentissimo, ma estremamente attuale di Carmine Di Sante, Lo straniero nella bibbia. Saggio sull’ospitalità (Edizioni Città Aperta, 2002).
La necessità di scardinare la logica millenaria del confine che separa il “fuori” dal “dentro” appare il cardine di questo pensiero nuovo, che nella storia dell’umanità ha già conosciuto alcune realizzazioni (come il riconoscimento del diritto d’asilo e le città rifugio, ricorda l’autore), segnando «il passaggio dalla logica animale a quella umana». Tutta- via «la scoperta della sacralità e inviolabilità dello straniero […] resta un’affermazione per lo più ideale».