I bambini sono il dono più prezioso della vita, rappresentano il futuro. E poi ricordano, a noi adulti, qualcosa che abbiamo dimenticato: il bambino che vive in ciascuno di noi. La parte più bella, più autentica di noi stessi, che ogni tanto fa capolino. Nonostante affermiamo a parole la preziosità dei bambini, la nostra società non è organizzata per loro, ma per noi adulti. Sì, vogliamo bene ai bambini, li colmiamo di carezze e di doni, l’editoria a loro dedicata è ricchissima di testi, ma le nostre famiglie, le nostre case, le nostre città e anche le nostre scuole sono pensate da adulti e spesso non hanno attenzione alla delicatezza, alla malleabilità e plasticità dei bambini. Il nostro modo di pensare ai bambini, il nostro modo di relazionarci
a loro, il tempo che riserviamo loro, sono quelli di adulti frettolosi che, ogni tanto, debbono occuparsi anche dei bambini. I bambini, con la carica di potenzialità che hanno dentro, dovrebbero stare al centro di tutto ciò che si muove intorno. La loro crescita e il loro sviluppo dovrebbero dettare le regole a chi li accompagna e non viceversa. Ogni piccola creatura ha una sua identità e soggettività. Ha una unicità e una specificità che vanno riconosciute, accompagnate e promosse. Negli ultimi 50 anni la cultura pedagogica nei confronti dei bambini è molto cambiata, grazie ad alcuni grandi studiosi. Ma c’è ancora una lunga strada da fare a livello profondo, nell’animo dei genitori e di tutti coloro che entrano in relazione con i bambini. L’ascolto dei loro messaggi, la capacità di decodificarli debbono creare quell’humus che, come per una piccola pianta che sboccia, offra loro la possibilità di esprimere totalmente e pienamente la ricchezza di vita che portano dentro di sé. Il grande problema di noi adulti è come contenere la sofferenza che noi stessi portiamo dentro e che inconsapevolmente possiamo trasferire sui bambini. Per evitare danni gravi, le nostre ansie, le nostre ossessività, le nostre frustrazioni debbono assolutamente essere rese consapevoli e poi elaborate. Non meno importante è imparare a conoscere e ascoltare il bambino perché?
Tutta la giornata siamo stati impegnati a “comportarci bene”. Comportarci per essere graditi e accettati dagli altri, per ottenere uno sguardo benevolo di approvazione. È un residuo della nostra infanzia che va capovolto. Senza nulla togliere alle buone maniere del comportamento e delle relazioni, nella giornata dobbiamo anche trovare il tempo per stabilire un rapporto con il bambino che è dentro di noi. Tutto ciò che nell’infanzia abbiamo incorporato dagli adulti e che è diventato regola della nostra vita, va ripensato. La tenerezza, la considerazione, l’ascolto devono diventare la regola interiore delle relazioni, verso di noi e verso gli altri. Lasciate che il bambino che è dentro di noi venga a me: queste parole ne ricordano altre più importanti pronunciate da Gesù. Per ritrovare il filo della nostra identità, della nostra personalità, dobbiamo riscoprire e riabbracciare il bambino che è dentro di noi. Non significa essere infantili, ma diventare veri e autentici. Qualunque sia la nostra età, dobbiamo rispondere a ciò che la vita ci
chiede. La vita ci è stata consegnata alla nascita, ha una sua ricchezza e una sua grandezza che aspettano di esprimersi completamente. Questo è anche il grande segreto per stare vicini ai bambini: mettere il nostro bambino interiore in contatto con i piccoli che quotidianamente ce lo ricordano e ci aiutano a farlo rivivere.
Vi auguro buona estate e spero di incontrarvi tutti al convegno di Frascati, dove festeggeremo 30 anni di amicizia.