L’essere non conosce il suo valore finché non fronteggia il nulla: la possibilità di non esistere”, scrive Luigi Zoja nella prefazione a “La pazienza del nulla”, che riprende due capitoli di un vecchio libro che Arturo scrisse tanti anni fa, rievocando l’esperienza dell’incontro con il deserto, che lui fece entrando nel noviziato dei piccoli fratelli. Questo piccolo libro, che mi sono scoperto a leggere con l’entusiasmo con cui da giovane mi lasciavo trasportare dagli scritti di Arturo, ci aiuta a vivere questo momento di grande cambiamento. Stanno crollando le sicurezze sulle quali abbiamo costruito il nostro sistema di vita. Ci rendiamo conto di essere su un cammino di non-ritorno. E adesso? Adesso è tempo di attraversare il deserto, di perdere le nostre idealizzazioni, di accettarne la fine. È tempo di fare i conti con l’esperienza del nulla e di dare spazio alla forza della vita e dello Spirito perché possano esprimersi con libertà.
In questo cammino Arturo ci prende per mano, ci porta nel deserto come luogo dello Spirito, per fare in prima persona l’esperienza di essere nudi, di toccare i confini del nostro limite e del nulla. Il nulla è differente dal vuoto, perché il vuoto presuppone una precedente pienezza. Il nulla non si contrappone al pieno, è l’inizio di una nuova nascita. In principio “vi era il nulla” come ci racconta la genesi, è l’entrare nella dimensione dell’estrema povertà e semplicità della nostra condizione umana.
Il nulla può farci vacillare in balìa della nostra fragilità, delle angosce che abbiamo cercato di coprire con vestiti usati, presi a prestito da altri. Ma non dobbiamo dimenticare che l’esperienza del nulla è il “punto zero”, la grande opportunità per trovare finalmente la giusta dimensione della nostra unicità e autenticità, per portare alla luce l’essere inedito che in noi aspetta di essere espresso. In questa prospettiva allora, la caduta delle grandi idealità è il punto dal quale partire per costruire insieme con gli amici, con la presenza dell’Altro, una nuova identità e una umanità più autentica.
don Mario