All’inizio della storia della Chiesa, nelle prime comunità cristiane, coloro che desideravano approfondire il loro cammino di fede si rivolgevano ai padri del deserto e chiedevano loro: ”Maestro dammi una parola di vita”. La breve frase che ricevevano, spesso un versetto della Scrittura, li accompagnava a lungo nel loro vivere quotidiano. In quella domanda vi era tutta la consapevolezza del valore della parola. La stessa consapevolezza della potenza di vita e di morte presente nella parola detta e ascoltata dovrebbe essere al centro delle nostre riflessioni, soprattutto in questi momenti di difficoltà e smarrimento nella vita sociale e nella vita ecclesiale. Dove trovare parole che orientino, che aprano nuovi orizzonti di speranza, di fraternità, di esperienze capaci di rigenerare i boccioli di vita latenti? Nel ciarpame di messaggi che ci intontiscono sentiamo tutti il bisogno di parole nuove, vive, nate nella meditazione, nel silenzio e nel confronto fraterno. Oggi, nelle nostre comunità cristiane, credo che dobbiamo riappropriarci della ricchezza e della saggezza racchiusi nel patrimonio del cristianesimo. Dobbiamo liberarlo da quei contesti che contraddicono il senso reale e originale del messaggio evangelico che ci è stato consegnato. Dobbiamo riappassionarci della figura di Cristo, coscienti che solo lui ha “parole di vita“ eterna. Il silenzio, contesto indispensabile per ogni approfondimento, renderà fecondi i nostri pensieri e ci guiderà nell’ uso appropriato delle parole.
don Mario