Dario Fo, premio Nobel e spirito critico dei nostri tempi, ci sorprende con questa espressione di autentica ammirazione nel ricordare il giorno dell’elezione di papa Bergoglio: «Di colpo ha iniziato a parlare come l’autentico san Francesco, con il suo linguaggio, i suoi tempi, i suoi ritmi e addirittura con la sua sintassi. Ha il coraggio di rompere le consuetudini e si pone in una condizione di assoluta autenticità. È questo che mi ha sorpreso e innamorato di questo uomo… La chiesa non mi piace. Ma guardo al coraggio di esporsi di questo papa… non è solo una questione di rassettare la stanza ma di cambiare un modo di essere». È questa la sensazione che ogni giorno di più si consolida dopo i primi entusiasmi. La chiesa sta vivendo un momento di lento e fondamentale cambiamento nel modo stesso di vivere i problemi e le relazioni. Ci sentiamo tutti un po’ spiazzati. Abituati ad accettare con spirito più o meno obbediente le indicazioni che ci venivano dall’alto, siamo continuamente chiamati a non essere più soggetti passivi, ma a partecipare con la nostra intelligenza e creatività ai fatti e alla vita della comunità cristiana. Il vecchio modello che divideva conservatori e innovatori non regge più. Adesso l’obiettivo è confrontarsi e cercare insieme il bene degli uomini. Coloro che sono alla periferia della società, del mondo e del pensiero umano sono da papa Francesco messi al centro.
Nei documenti del Sinodo, definito dagli addetti ai lavori “piccolo concilio”, i termini che risuonano più spesso e i modelli di giudizio sui problemi della famiglia non fanno riferimento alla cosiddetta “legge canonica”, ma al senso e al significato dell’amore in tutte le sue espressioni. Non ci si sente più vittime di un giudizio morale ma tutti accolti nei nostri limiti. Anche l’amore omosessuale ha una sua ricchezza e valore che va accolto e rispettato quale possibile espressione della tensione che ogni uomo porta dentro di sé verso orizzonti sconosciuti. Non è importante sapere qualche cosa di più sui divorziati e se possano accedere o meno all’Eucarestia, ma l’affermare che l’Eucarestia è il “pane di tutti” soprattutto di chi è affamato e soffre, di chi è ferito nella dimensione più importante dell’essere umano che è l’amore. L’Eucarestia, da rituale abitudinario e doveroso, ritorna ad essere il momento dell’incontro con la misericordia, con i fratelli con cui camminare insieme, con cui leggere e ascoltare le parole senza tempo pronunciate da quel Gesù che ribaltò i tavoli dei venditori nel tempio di Dio e che introdusse un modo del tutto nuovo di rivolgersi “all’indicibile” per chiamarlo con il dolce nome di “padre”.
Il processo di rinnovamento avviato da papa Francesco segna un punto di non ritorno perché attualizza nel nostro tempo il processo iniziato da Gesù. I giornali dicono che i vescovi sono smarriti, non sanno come orientarsi avendo avuto fino ad ora certezze e leggi che mettevano sugli altri pesi difficili da portare. Ogni uomo di qualunque credo oggi è chiamato a prestare attenzione al messaggio forte che dal vangelo, attraverso papa Francesco, ci arriva. Come Dario Fo, un mio amico che si professa “miscredente” mi diceva: «adesso mi ritrovo a pregare per papa Francesco e con papa Francesco». Quante volte camminando in piazza San Pietro sono tornato a casa disturbato dal “circo” mediatico turistico delle persone che affollavano quel luogo di Dio. Ebbene, questo papa lo ha fatto diventare, nei momenti più solenni, luogo del silenzio e di quella atmosfera che fa sentire tutti gli uomini fratelli che si rivolgono allo stesso padre. Per chiudere, in questi giorni, visitando un convento alla ricerca di uno spazio per il convegno invernale mi sono imbattuto in una grande sala dove si riuniva un capitolo generale di suore. Mi ha colpito la frase che campeggiava sulla lavagna: “creatività nella fedeltà”. Credo che sia la sintesi del messaggio che papa Francesco esprime con forza nella sua vita. È un buon messaggio per vivere con speranza il futuro non facile che ci aspetta.
don Mario