IL DIFFICILE AMORE
Un uomo scendeva…
a cura di Silvia Pettiti
Cittadella editrice, 2008
Un uomo che perde il “senso” della vita si risveglia avviluppato in una storia di amore. E’ la parabola di ogni “samaritano” nel suo cammino esistenziale e spirituale da uomo a persona. Un cammino “difficile”. Ma è possibile un incontro, un amore che non sia difficile? In pagine essenziali e intensissime Arturo Paoli ci consegna una spiritualità intesa come ascolto della vita e delle sue dinamiche profonde. |
L’introduzione di Arturo PaoliIl senso della parabola del samaritano è stupendo. Un uomo perde i sensi in un’imboscata, si risveglia come avviluppato in una storia d’amore: scoprirà che qualcuno lo ha curato, lo ha portato all’albergo, ha pagato per lui. Non poteva essere amato di più. Questa scoperta è capace di ricostruirlo dal fondo, di dargli la forza di alzarsi e di ricominciare la vita. Nel momento dell’abisso, del buio, della perdita di tutto, lì trova l’amore. «D’amore eterno ti ho amato; perciò ti ho conservato la mia pietà» (Ger 31, 3). La nuova storia dell’uomo ritornato alla vita comincia da lì, dalla scoperta di essere stato «comprato», salvato dall’amore. È un’esperienza che ognuno di noi deve fare. Mi pare che molti passino tutta la vita attenti alla definizione di Dio, attenti a «chi è Dio», senza arrivare a scoprire «che cosa è Dio», cioè a conoscere e sentire che Dio è Amore. Quando una persona lo scopre in un’avventura di dolore – in un risveglio improvviso che pare molto simile a quello del nostro uomo, in una stanza d’albergo nudo, senza soldi, senza sangue – si sentirà come un fiume che ha trovato il suo letto, una pianta nella sua terra, un uomo nella sua patria, in casa sua fra le persone che gli vogliono bene. Una sicurezza profonda, un perno che concentra per sempre la vita su qualcosa di solido e inalienabile. Non si può dimenticare la chiusura del capitolo 8 della lettera ai Romani, che è un canto di trionfo: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse le tribolazioni, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, i pericoli, la spada?» (Rm 8, 35). Questo mondo proiettato in avanti, verso la grande avventura dello Spazio e del Tempo, ha bisogno di una base sicura: sentirsi amato. Partire con la sicurezza che in qualunque orbita entri nei suoi voli, non potrà mai uscire dall’orbita dell’amore di Cristo, a cui è legato e assicurato tutto il cosmo attraverso l’Incarnazione. Le misurazioni morali delle sue audacie, le valutazioni etiche dei suoi piani, non gli diranno più niente. La natura non sarà più un mistero che possa far paura e che debba essere esorcizzata da una qualunque magia. L’uomo è arrivato alla vigilia di una grande scoperta di Dio. La scoperta che Dio è amore e che la creazione non è un mistero ma un sacramento, cioè un segno di questo amore. La sua educazione all’amore, all’atteggiamento profondamente delicato e insieme forte e responsabile di «signore e custode» della vita, è una conversione, un rovesciamento di mentalità, è la scoperta di un’altra dimensione. Scopro di essere amato da sempre, prima e al di là di mia madre e di mio padre, molto prima dell’incontro brutale con i ladri, incontro che non ha spezzato l’iniziativa di questo amore. Al contrario me lo ha fatto scoprire… La prefazione della curatrice Silvia Pettiti Quando ho chiesto ad Arturo in che anno scrisse questo libro non se lo ricordava, però mi ha raccontato una storia. Erano gli anni Sessanta, si trovava in Argentina a Fortin Olmos, uno dei luoghi più difficili della terra da quanto ho potuto capire in varie occasioni, ed era alla prima esperienza di missione con i Piccoli fratelli di Charles de Foucauld. Réné Voillaume era il priore generale della congregazione. Regola voleva che i fratelli si dedicassero a lavori umili, manuali, “ultimi con gli ultimi” e Arturo aveva accettato consapevolmente quella regola che poco si addiceva alle sue inclinazioni e alla sua formazione. I lunghi pomeriggi nella piana arida e accaldata di Fortin Olmos obbligavano a interrompere ogni attività per ridurre al minimo il dispendio di energie, in attesa che la frescura della sera arrivasse a rendere possibile il lavoro e la vita comune. Gli altri fratelli trascorrevano quelle ore nel riposo, Arturo le passava scrivendo: “erano per me veloci e piacevoli”. Quando Réné Voillaume andò in visita alla fraternità, Arturo gli parlò di quella sua abitudine pomeridiana: “lo faccio per me, mi fa bene, mi aiuta a pensare, a pregare, a vivere il tempo”. Voillaume volle leggere gli appunti di Arturo e non ebbe dubbi: “Vanno pubblicati”. Nasce così “Un incontro difficile”, il commento alla parabola del samaritano che Gribaudi mandò per la prima volta alle stampe nel 1966. Trentacinque anni più tardi, nel 2001, Cittadella Editrice ne pubblica una nuova edizione parzialmente rivista. Oggi, estate 2008 – quarantadue anni dopo la prima edizione – Cittadella mi ha proposto di rivedere il testo per offrirlo ad un pubblico vasto, interessato alla spiritualità intesa come ascolto della vita e delle sue dinamiche profonde. Nell’operare la riduzione dalle quasi duecento pagine precedenti alle attuali ho cercato di non modificarne il linguaggio né il senso. Ho cercato di raccogliere un filo – uno tra i tanti che erano possibili – e snodarlo senza romperlo né forzarlo. Un filo che racconta il cammino esistenziale e spirituale di “un uomo” che diventa “persona”. A questo è dovuto il nuovo titolo del libro: “Il difficile amore”, per sottolineare che ogni incontro diventa difficile quando è incontro d’amore e che forse non si può parlare d’amore né d’incontro quando l’esperienza non è ‘difficile’. Un capitolo è stato interamente riscritto da Arturo per questa edizione ed è quello relativo “all’albergo” (io direi meglio: all’«albergo»), il luogo scelto dal samaritano per condurre l’uomo percosso dai briganti, da lui trovato e salvato. Ringrazio Arturo per la sua amicizia e la sua testimonianza di uomo, persona, amico di Dio. |