Fiducia deriva dal latino fides, che significa riconoscimento dell’affidabilità dell’altro. Indica un sentimento di sicurezza e di tranquillità che nasce dalla valutazione positiva di fatti, di situazioni o di relazioni. La fiducia può essere riposta in Dio, negli altri, in se stessi, nella scienza, nel progresso sociale, in un futuro migliore…
Di fronte a situazioni delicate e importanti, si ricorre a persone di fiducia perché ci si trova nella condizione di esporsi, condividere, affidare all’altro qualcosa o qualcuno che ci sta a cuore.
La fiducia dunque presuppone un certo coraggio, un coraggio indispensabile perché non è possibile fare a meno di fidarsi, perché il bisogno di fiducia nasce dalla consapevolezza dei nostri limiti. Di “abbandono fiducioso” parla don Carlo Molari a proposito della fede in Dio, che non è un insieme di credenze bensì un atteggiamento che può essere sviluppato nell’esistenza, attraverso pratiche quali la preghiera ed esperienze quali le relazioni fraterne. Si rafforza progressivamente, nel corso della vita, facendo leva sulle esperienze passate che ne hanno confermato la bontà. La spiritualità collega dunque la fede alla fiducia, evidenziando quanto sia vitale.
Eppure – come ha scritto Giuseppe De Rita (Corriere della Sera, 16 gennaio) – lo stato d’animo fotografato dagli studi sul nostro presente è pervaso da una diffusa e rassegnata sfiducia: verso la politica, l’Europa, l’economia, le banche, la classe dirigente, il lavoro che non c’è, il futuro che sarà peggiore del passato…
«Con crescente frequenza sentiamo dire che se non usciamo da tale clima non avremo per lungo tempo sviluppo economico, mobilità sociale, coesione civile, perché è la sfiducia, più del rancore, che ottunde l’intelletto e depotenzia ogni spirito di iniziativa», scrive De Rita. «Ma la fiducia (specie se collettiva) non fiorisce per nobili esortazioni dall’alto: la fiducia è un sentimento al tempo stesso intimo e complesso», che può nascere solo dal basso, «come è avvenuto del resto in Italia, dove i periodi di maggiore fiducia collettiva sono stati quelli in cui milioni di persone hanno vissuto “terra-terra” la speranza di “star meglio”». «Ed erano periodi in cui nessuno ci predicava fiducia dall’alto, essa operava piuttosto nella quotidianità dei comportamenti quotidiani, sempre attenti a valorizzare la propria storia e la propria memoria collettiva».
Così come il teologo Carlo Molari insegna che, delle tre virtù teologali, la fede è quella che si collega alla dimensione temporale del passato, il sociologo De Rita richiama «il peso della memoria nel creare fiducia», sottolineando che «è tempo di ritrovare e rivalutare le nostre memorie, il passato che continua ad operare in noi». Sfiducia e disprezzo del passato non conducono a cambiamenti positivi; al contrario «solo chi sa lavorare sugli assi lunghi della memoria ha l’occasione e le carte giuste per far fiduciosi passi in avanti».