Ogni stagione della vita richiede un diverso atteggiamento per potere accogliere i doni che essa ci offre. Nell’infanzia si è totalmente dipendenti e affidati alle cure che gli adulti, i genitori in particolare, riservano ai figli affinché possano crescere sviluppando un atteggiamento fiducioso e aperto verso le innumerevoli sorprese che, ogni giorno, la vita rivela ai loro occhi genuini.
La radice della preghiera, come tante volte don Carlo Molari ha spiegato, sta nell’atteggiamento di abbandono fiducioso della persona adulta verso Colui dal quale proviene la vita, in tutte le diverse forme in cui si sviluppa nel creato. «Padre mio, mi abbandono a te […] È per me una necessità il darmi, il rimettermi nelle tue mani con infinita fiducia, senza misura, perché tu sei il Padre mio», sono le prime e le ultime parole della preghiera di Charles de Foucauld, che esprime questo atteggiamento, fondato su un’esperienza e su un desiderio.
«Se il Signore non fosse stato con noi…», recita il salmo 123. Se il Signore non fosse stato con noi, le paure ci avrebbero travolto, il male ci avrebbe sopraffatti, il dolore ci avrebbe prosciugati… E invece, «siamo stati liberati come un passero / dal laccio dei cacciatori: / il laccio si è spezzato / e noi siamo scampati». Quante volte, nei momenti difficili della vita, si sperimenta la percezione di essere “salvati” non per i propri meriti o le proprie capacità, ma perché Qualcuno o Qualcosa infinitamente più grande ci soccorre. E non importa se quei momenti – sul piano strettamente materiale – si concludono con un successo o con una sconfitta, se ottengono un riconoscimento o subiscono una umiliazione.
Quel che resta è l’amore, come dice Michela Marzano. Fermarsi, inginocchiarsi, commuoversi, è l’atto della preghiera. Perché non tutto è dicibile. «C’è sempre qualcosa di segreto che ci anima, che ci permette talvolta di entrare in relazione con l’Altro sulla base di un non conosciuto, un mistero, un segreto» (M. Marzano).
Pregare non è chiedere a Dio di intervenire al nostro posto, ma aprirsi alla sua azione per diventare capaci di accoglierla, in modo così ricco da essere in grado di compiere per noi e per gli altri ciò che la vita ci chiede.
La preghiera è l’atteggiamento che la persona assume per accogliere l’energia vitale che le viene continuamente offerta; è l’esercizio quotidiano con cui ci si apre alle nuove forme dell’esistenza e ad accogliere la forza creatrice in modo da poterla ridonare.
Quando ci mettiamo sotto il rubinetto tenendo le mani chiuse, l’acqua scorre e non siamo in grado di trattenerla. Se invece apriamo i palmi delle mani, possiamo raccogliere almeno un po’ della tanta acqua che sgorga dalla fontana. Pregare è come il gesto di aprire le mani perché una piccola parte dello straripante dono di Dio possa essere interiorizzato.
La preghiera non serve a muovere l’onnipotenza di Dio a nostro favore, ma a modificare il nostro atteggiamento nei confronti della vita e della forza creatrice che la guida incessantemente verso la pienezza.