Cogliere per un istante la realtà invisibile
di Arturo Paoli
Nel centro di Lucca, la mia città, una lunga via vicino allo sbocco si ferma per formare un’ansa che accoglie una chiesetta dalla bella facciata romanica in bianco e in nero, deponendola su una piazzuola. Di fronte sta la casa di Gentucca, la giovane che tanto piacque a Dante Alighieri da fargli piacere la città condannata per i politici disonesti. Quasi sempre chiusa, vi ero entrato da adolescente e mi ero perso a guardare gli stucchi, gli angeli di gesso che svolazzando reggevano corone dorate, sante e santi che forse si annoiavano in quella piccola Versailles. La chiesa restò chiusa per anni, si diceva che sarebbe diventata il tempio dei martiri fascisti.
Finalmente fu riaperta e ricordo quel momento come una delle emozioni artistiche della mia vita: mi fermai all’entrata pensando di non essere lì. Tutti gli stucchi erano spariti, il chiassoso interno non esisteva più e mi trovavo davanti tre navate silenziose nella loro autentica bellezza.
Ci ripenso oggi nel tentativo di spogliare le parole per dirvi che semplicemente vivere è come vedere per un istante questa realtà invisibile, spogliata di tutti i pensieri, i sentimenti, i bisogni e i desideri, che sono i movimenti della vita e il nascondimento della vita. È come risalire alla sorgente navigando su un lunghissimo fiume e trovare un umile getto cristallino che perennemente canta la gioia di gettarsi in un percorso che attraverserà città e boschi. Vi saranno tratti fra pietre che lo lacereranno disperdendolo in varie direzioni separandosi per unirsi finalmente ed entrare nella pace infinita del mare. […] Il semplicemente vivere include l’atteggiamento di fronte al dolore: non cercarlo, non procurarlo, ma accoglierlo coraggiosamente e silenziosamente. A questo proposito scrive Lévinas: «Sofferenza in me, così radicalmente mia che essa non potrebbe divenire soggetto di qualche predicazione… È come sofferenza in me e non come sofferenza in generale, ma è la sofferenza benvenuta, testimoniata nella tradizione spirituale dell’umanità, che può significare un’idea vera: la sofferenza espiatrice del giusto che soffre per gli altri». Penso alla tradizione ebraica che mi è familiare, all’«io sono malato d’amore» del Cantico dei Cantici, alla sofferenza di cui parlano alcuni testi talmudici, sofferenza per l’amore degli altri a cui si lega il tema dell’espiazione.
Bisogna vivere e trasmettere l’annuncio cristiano nella sua semplicità originale, questo annunzio è sostanzialmente la salvezza del mondo. Vedere tutto il dolore umano, la violenza scatenata oggi più forte che ieri, come un’attesa di salvezza anche se apparentemente cancella quello che la chiesa annunzia al mondo, che Cristo lo ha salvato. Credo che oggi dovremmo dire che il Cristo sta liberando e salvando il mondo con noi e per mezzo di noi e non senza di noi. Questo annunzio darebbe un senso nuovo e vero al nostro vivere. La sofferenza è un’energia irreversibile e la vediamo spesso sprecata sia da chi la rifiuta, sia da chi la accoglie con stoicismo narcisista. La proposta cristiana è di accoglierla coraggiosamente perché, ispirati dalla fede, sappiamo che entra come energia di salvezza per l’umanità.