da “Il sacrificio interdetto – Freud e la Bibbia” di Mary Balmary
Arriviamo ora ad uno dei luoghi del testo in cui tutte le traduzioni correnti (fino a quella di André Chouraqui) meritano uno dei più gravi rimproveri che è legittimo muovere ad un traduttore-commentatore. Come qualificare un atto del genere? occultamento di beni simbolici? sabotaggio di fondazioni spirituali? L’energia dei miei rimproveri non può affatto essere addolcita da considerazioni sulle intenzioni di coloro che hanno fatto in tal modo sparire il senso di parole tanto preziose. Ignoro il motivo per cui una simile distruzione del testo abbia avuto luogo proprio in questo passo. Anche se, in quanto analista ed anche in quanto donna qualsiasi, posso facilmente immaginarlo; con più o meno buona fede, i traduttori (francesi, ma vale anche per tante altre lingue dell’Europa e delle Americhe) hanno mancato di farci conoscere qualcosa che avrebbe evidentemente consentito a certe persone di liberarsi grazie al religioso, invece di doverlo fare contro il religioso, e la cosa è abituale, ma anche senza di esso.
C’è stato un tempo in cui, in Occidente, non si è più capita l’importanza dei nomi. Ciò costituisce un segno tra altri dell’oscurità in materia simbolica che si è estesa sull’Europa e su tutto ciò che essa ha fondato, a partire dal secolo dei Lumi. Anche i religiosi nel secolo XIX, anche gli esegeti potevano pensare e scrivere cose quali ancora se ne trovano attualmente nelle nostre Bibbie più correnti: mi limito a citare l’esempio per me più scandaloso con la scomparsa del ‘va’ verso di te’. Si tratta del nome di Sarai che viene cambiato dalla parola divina. Sarai diventa Sara. Ora, nessuna Bibbia accessibile dice semplicemente quel che il primo nome significava e la differenza con il secondo stato dello stesso nome.
Alcuni arrivano ad affermare che i due nomi di persona hanno lo stesso significato: principessa.
Povero dio che quindi parla per non dire nulla di nuovo! Da questo punto di vista l’opera di Freud può essere considerata infinitamente più ‘religiosa’, essendo imperniata sulla ricerca del senso in tracce simboliche. Questo uomo, se non credeva al dio della sua cultura prevalente, ha tuttavia impegnato tutta la sua vita sulla ricerca della parola inconscia. Spero che non verrò rimproverata per il fatto di pensare che, così facendo, egli era forse più vicino al Verbo, più vicino al Nome divino nell’ascoltare quello degli uomini, di un traduttore che non sente il divino nei nomi della ‘immagine di Dio’: l’uomo in relazione.
(lo non sono meglio di loro al riparo da tale svisamento del senso. Quindi è necessario che ogni lettore biblico rimanga vigilante e metta in discussione tutto ciò che, nelle pagine che seguono, gli sembra non corrispondere a quanto egli considera vero e giusto nella vita). Nessun cambiamento di nome nella vita è privo di significato. Solo una forte rimozione può farlo credere. Perché, quando il divino chiede una modifica del nome, questo mutamento dovrebbe avere meno senso di quando è eff ettuato dal più piccolo tra noi?
Circoncisione
Ecco ora lo sviluppo di questo testo (capitolo 17):
(1) Ed è Abram: ha novantanove anni. YHWH si fa vedere ad Abram e gli dice:
(2) «lo, ELShadai, vai in fronte a me; sii integro! Io do il mio patto tra me e tra te, io ti
moltiplicherò molto, molto».
(3) Abram cade con il volto a terra. Elohim gli parla per dire:
(4) «lo! Ecco il mio patto con te: sii il padre di una folla di nazioni.
(5) Il tuo nome non sarà più gridato Abram:
Il tuo nome è Abramo – padre di una moltitudine –
sì, io ti ho dato come padre a una folla di popoli».
Segue la promessa che da Abramo nasceranno dei re; il divino sarà per lui e per i suoi discendenti; la terra di Canaan è data a lui ed alla sua discendenza. Come segno che essi mantengano l’alleanza con Colui che parla,
…«circoncidere per voi ogni maschio.
(11) Circoncidete la carne dei vostri prepuzi.
È il segno del patto tra me e tra voi».
«Cammina davanti a me e sii integro» (v. 2). Come aveva fatto notare un giorno un eminente collega ebreo in un congresso: perché un ebreo sia ‘intero’, occorre che si ricordi incessantemente che gli manca qualcosa.
La circoncisione, posta alle origini di Israele come segno di alleanza con il suo dio, si presenta qui, per un lettore che non abbia familiarità con la Genesi, in modo del tutto inatteso. Perché questo segno? perché iscrive nella carne (basar: la carne, e basar, il verbo annunciare)? non è sorprendente che si tratti ancora una volta dello svelamento del sesso? Questa volta su ordine divino. Con un’indicazione: praticare la circoncisione l’ottavo giorno della vita di ogni bambino.
Tu non ti chiamerai più: «Mia principessa»
Senza più lasciarci il tempo di approfondire la questione, il testo continua così:
(15) Elohim dice ad Abramo: «Sarai tua moglie,
tu non griderai il suo nome Sarai – mia principessa –
sì, il suo nome è: Sara – principessa.
(16) lo la benedico. Da lei io ti darò anche un figlio.
lo la benedico, essa è in nazioni, re di popoli saranno da lei».
(17) Abramo cade con il viso a terra. Ride e dice nel suo cuore:
«A un centenario, egli nascerebbe?
E se Sara… una novantenne, partorisse?».
Quando ho trovato nel testo ebraico (con il commento di Rachi) questo passaggio da ‘mia principessa’ a ‘la principessa’, ho avuto la conferma di tutto quello che avevo tentato di interpretare della sterilità di Sarai, dei tentativi di Abram per restituire Sarai ad un proprietario. Il lettore non faticherà ad immaginare la gioia del ricercatore che trova. Gioia che non si riserva solo a sé. Tra le donne che incontro, alcune sono credenti, altre no, naturalmente. Il loro uguale piacere che manifestano nell’apprendere la novella (il divino ha chiesto ad Abramo di non chiamare più sua moglie usando un possessivo) mi ha fatto capire ancora una volta che di fronte ai punti cruciali del testo le categorie credente/non credente non funzionano. Perché? Perché non si tratta di un ‘Dio’, ma del divino che ha parlato all’uomo, che parla nell’uomo; e di che cosa parla in questo caso? Di quello che è necessario cambiare alla parola degli umani e attraverso la stessa perché le loro relazioni, la loro vita siano possibili.
Con questo io non dico che la parola di Dio sarebbe di fatto solo quella dell’inconscio; che Dio non sarebbe dunque una persona ma una funzione. Che sapere avrei io in tale materia? lo prendo il testo quale mi viene presentato: qualcuno parla ad Abram e gli dice parole che egli non ha pensato. C’è dell’Altro in questa storia. Dov’è quest’Altro: in lui? fuori di lui?
Commento
Non è forse rilevante che l’istituzione della circoncisione come segno di alleanza con il divino si situi esattamente tra i mutamenti di nome dell’uomo e della donna? e che l’atto da compiersi, la recisione del prepuzio, riguardi nel corpo dell’uomo il membro che farà da tramite tra il suo corpo e quello della donna?
Che cos’è un uomo? È un essere che si ricorda (maschile, in ebraico si dice zahar, la radice del verbo ricordarsi). Di che cosa si ricorda? Che gli manca qualcosa laddove incontrerà qualcuno.
Quando una volta mi hanno raccontato che cosa significava la parola circoncisione e dove appariva nella Bibbia, ho avuto l’impressione che coloro che rispondevano alle mie domande non avessero la minima idea in proposito. Dio aveva detto. Punto e basta. Niente interrogativi. Anche se ciò non aveva alcun senso con il resto. Eppure, dicevo tra me, il segno scelto per identificare il popolo eletto dovrebbe poter parlare maggiormente. Ma molti attorno a me sembravano accontentarsi di un dio incomprensibile; forse anche pazzo, mi dicevo. Un re che si comportasse in tal modo sarebbe prima o poi denunciato dalla storia.
Oggi io leggo questo testo in modo assai diverso. Esso si collega per me a parecchi altri:
- la scomparsa dei nomi di donna con il diluvio.
- Noè che si esibisce nella sua tenda, visto e raccontato da Cam.
- Le differenze abolite a Babele.
- Il ri-presentarsi [re-présentation] nel clan di Terach di quanto è avvenuto in quello di Cam.
- Gli errori simbolici concernenti i nomi.
Noè era un padre abbassato. Abram è chiamato – è una compensazione e non un atto simbolico terapeutico – ‘padre esaltato’. La circoncisione è una ferita; in tal senso essa non è ‘esaltante’. Guarisce Abram dal cattivo rimedio che corrispondeva al suo nome? Noè era un padre svelato nell’incoscienza, visto da suo figlio. Abram scopre coscientemente il suo sesso, quello di suo figlio e di tutti i maschi della sua casa. Ciò che costituiva la colpa, vissuto nell’incoscienza, diventa, prendendo effetto nella carne e qualità di coscienza, il segno del patto con il divino. Ferita, dunque sangue. Si è spesso notato che questo sangue che cola dal sesso circonciso deve indurre l’uomo a non disprezzare né temere la donna con il suo mestruo.
Abramo non è più un essere che deve salire. Egli può scendere: padre di una moltitudine (il suo sesso sarà visibile anche quando non è ‘elevato’?).
Il divino chiede di tagliare un anello di carne (annuncio dell’altro?) a colui che ormai sarà un padre per molti figli. Non più un padre tutto solo necessitato a riparare nel suo essere una ferita d’onore inferta al padre. Abramo è svincolato dal dover essere questo padre alto; errore simbolico con il dono di un nome che fissa un essere in tale compito: rappresentare incessantemente l’annullamento della colpa. ‘Abram’, affermazione vivente che Noè non era stato abbassato; questo non consentiva alcuna riparazione e gli impediva di vivere, di essere il marito di Sara. In definitiva anch’egli temeva di essere privato di qualcosa a motivo del ‘vedere’ come Noè.
Che cosa porta la circoncisione al rapporto uomo-donna? l’impronta dell’Altro divino nella carne-messaggio significa a sua volta l’altro femminile? Il divino che pone il suo sigillo significa forse: ricordati di colei che tu desideri? Sarà ora il corpo di lei che verrà a coprire questo sesso scoperto.
Le donne riappaiono, il sesso maschile, denudato, poi coperto, riappare. Abramo è già uscito da tutti gli involucri che lo tenevano a Ur e ancora a Carran. Ecco che anche il suo sesso esce da quanto lo circondava. Nello stesso tempo sua moglie, che egli non dirà più sua, si accinge ad uscire dall’involucro (verbale) che le impediva di procreare.
Abramo non è più posseduto dall’altro, non possiede più sua moglie e nemmeno il luogo della relazione con lei, ormai marcato dal segno dell’Altro.
Il divino appare qui come Colui che guarisce l’uomo per via d’uscita, per via di nascita affinché egli vada verso se stesso e verso l’altro; imprimendo il segno del taglio e della mancanza su un solo luogo del corpo: quello che stabilisce il legame tra l’uomo e la donna.
Che la donna sia ‘mancante’, i fanciulli lo scoprono e lo dicono. La psicoanalisi, parlando di invidia del pene, ha suscitato parecchie reazioni tra cui alcune assai negative da parte delle donne in cammino verso l’emancipazione. Insopportabile era l’idea che l’uomo, invece, non fosse mancante; l’idea che lui avesse e che lei non avesse. Che lui potesse vivere senza di lei e non lei senza di lui. C’è sicuramente nella differenza dei sessi una dissimmetria irriducibile. E questo continua a far congetturare l’umanità. Resta il fatto che la condizione di essere sessuato situa l’essere umano nell’incompletezza. Si può credere che solo la donna sia incompleta. Lo si può negare, dicendo che nessuno manca e soprattutto non uno più dell’altro. Oppure credere di venire a capo di questa incompiutezza parlando di complementarità dei sessi, ciascuno portando all’altro quanto gli manca. Questa tesi raramente permette l’uguaglianza di valore: quello che porta l’uno non sembra sempre più importante di quello che porta l’altro?
Non rimane che la posizione della Bibbia e dell’inconscio; ciascuno porta all’altro la mancanza. Senza questa mancanza, l’essere non si desterà, per mancanza di desiderio. Come leggere la parola che in ebraico significa ‘femminile’: nekeva dal verbo nakav, fare un buco, segnare, designare. Bucata? oppure che fa un buco? La circoncisione sarebbe qui come un segno della mancanza femminile nell’uomo. Proprio ciò di cui, uomo desiderante, egli si ricorda. L’uomo circonciso è dunque un uomo-non-donna, che si ricorda della donna che egli non è.