di Nicola Colaianni su La Repubblica – Bari del 25.02.2024
Dopo il flashback sulle tentazioni di Gesù nel deserto ecco uno spoiler ‘sulla sua trasfigurazione nel figlio di Dio (Marco 9, 2-10). Ai tre discepoli saliti con lui sul monte Tabor egli appare con vesti splendenti mentre parla con Mosè ed Elia ‘ed ecco una voce dal cielo che, come al momento del battesimo, ribadisce: “Questi è il mio figlio diletto. Ascoltatelo!”.
Tutte citazioni scritturistiche (la salita al monte, come quella di Mosè e Giosuè, la veste bianca come quella degli angeli, la ‘conferma della “adozione” divina) per dimostrare che è Gesù l’unica persona che ‘assomiglia a Dio (“il figlio”) e perciò da ‘ascoltare. Non si dice la stessa cosa di Mosè ed | grande legislatore e il primo dei profeti, che perciò trovano il loro superamento in Gesù. Il quale ai discepoli che, ancora sensibili al messianismo pelitico-religioso, vorrebbero, per dir così, immortalare quel momento di straordinaria beatitudine, facendo una capanna per ciascuno dei tre, Gesù raccomanda, come al solito, di non parlarne a nessuno “se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti”. Come scrive un commentatore del Vangelo in chiave di psicologia del profondo, Eugen Drewermann, “per poter sopportare il Golgota vi è bisogno del Tabor”. Perciò il Vangelo pone la trasfigurazione già prima della morte, non solo do ‘centro della vita terrena di P Gesù. Per dire che nessun dolore, neanche la morte, può distruggere lo slancio di felicità provato nel n salire sul monte dei nostri ideali e vederli realizzati nella trasfigurazione dei Mosè ed Elia incontrati da ciascuno di noi. È bello pensare, per esempio, che questa felicità abbia pervaso Aleksej Navalny nel lager glaciale in cui è stato internato e assassinato: la tanta gente che, negli intervalli tra una incarcerazione e l’altra, lo abbracciava fisicamente gli si sarà trasfigurata nella primizia di una liberazione incondizionata e fraterna. Ma attenzione alle trasfigurazioni istituzionali, fabbricate ad arte per manipolare Îe coscienze e soggiogare i popoli. Come quella scandalosa di Putin “miracolo di Dio”, proclamata dal patriarca ortodosso Kirill. In ogni regime è sempre inattività la “fabbrica del Duce”, per riprendere il titolo dell’accuratissima ricerca di Dino Biondi sulla propaganda fascista su Mussolini (presentato anche lui come un Mosè, sia pure quello di Michelangelo). Perciò la democrazia costituzionale ostacola la creazione di centri di potere esclusivo, ad ogni potere affianca un contropotere, demitizza il capo staccato dalle masse, tutela la libertà di stampa anche per rivelare difetti nei leader. E perfino se, per assurdo, si trovassero solo pregi, si comporta – diceva Kelsen, uno dei massimi teorici della democrazia – come Socrate, nelle parole di Platone: “Noi l’onoreremmo come un essere degno d’adorazione, meraviglioso ed amabile; ma dopo avergli fatto notare che non c’è uomo di tal genere nel nostro Stato, e che non deve esserci, untogli il capo ed incoronatolo, lo scorteremmo fino alla frontiera”. La democrazia implica l’assenza di capi. Perciò, guardarsi dalle trasfigurazioni. Se istituzionali, sono mistificazioni.