Christiane Singer è un’autrice che ha scritto libri appassionanti, che a me personalmente hanno dato molto. Dove corri? Non sai che il cielo è in te? (Ed Servitium) è uno dei suoi testi più conosciuti. Nell’ introduzione si legge: “È essenziale prendere cura del cielo che è in noi, invisibile agli altri, del santuario che la vita ci ha edificato, popolato da tutti coloro che in vario modo ci hanno ispirati conducendoci verso il meglio di noi stessi”. Dove corriamo? Non è facile fermarci e interrompere il nostro rotolare quotidiano e irrazionale per andare verso una semplificazione, verso il semplicemente vivere. Come si lega il semplicemente vivere, al quale abbiamo riservato la prima meditazione, (vedi Quaderno febbraio 2012) con il difficile amore? Perché difficile amore? Qualche volta mi verrebbe da dire impossibile amore.
Tanti anni fa un’amica, un’anziana donna ebrea, nel contesto di un dialogo tra noi, mi disse una frase che aprì la mia mente alla riflessione:d’amore si vive, ma anche, d’amore si muore. La pedagogia religiosa che ci ha formati ha molto insistito sul tema della dedizione, del servire l’altro, dell’amore per l’altro. Credo che spesso però sia stato fatto un salto bypassando un passaggio essenziale nel nostro cammino di crescita umana e spirituale. Gesù ha detto: ama il prossimo tuo come te stesso. Fermiamoci un attimo su quel “come te stesso”. Se nel nostro correre e rotolare abbiamo perso il contatto con noi stessi, cosa possiamo dare agli altri? Le nostre fantasie, le nostre megalomanie, la nostra idea di essere una rosa profumata mentre siamo una margheritina di campo o forse.. solo un piccolo carciofo? Dobbiamo ripartire da noi, cercare di capire chi realmente siamo, stare dentro le situazioni, le emozioni i sentimenti che ci abitano per poter semplicemente vivere e amare. Altrimenti rischiamo di fare del servizio all’Altro che ha bisogno, un piedistallo al nostro apparire, un tappabuchi alle nostre mancanze, un velo che maschera le nostre fragilità. L’imparare ad amare è un processo lento, legato alla nostra capacità di vivere, di riappropriarci di noi stessi, di crescere. I due processi, vivere e amare, sono intrecciati e paralleli: reciprocamente si rafforzano o si danneggiano. Il dono gratuito di sé e la gratitudine che abbiamo raggiunto nella nostra vita sono una cartina di tornasole del grado di maturità a cui siamo giunti. E la Vita che ci è stata data in abbondanza, ci offre possibilità continue di riprovare e ricominciare ad imparare ad amare.
Le mancanze d’amore sono spesso la causa delle sofferenze che ci portiamo dentro. Esse rendono il processo di crescita verso la maturità, complesso e difficile. Sono tante le forme che possono assumere le ferite d’amore: forme di violenza sottile insinuatesi nell’amore, piccole o grande frustrazioni subite, delusioni sofferte, assenze e abbandoni qualche volta fonte di sconforto e anche di disperazione. La vita si nutre dell’amore, ha bisogno dell’amore. Come il letto di un torrente permette all’acqua di scorrere, così l’amore permette alla vita di fluire. Se non si è vissuta un’esperienza forte e profonda d’amore è difficile pensare a Dio come Amore; se non si è fatta un’esperienza aggregante di amore, è difficile avere speranza e fiducia nella vita. Lo sperimentiamo tutti i giorni con coloro che sono stati fortemente privati dell’esperienza dell’amore. Tutte le sofferenze nelle relazioni hanno questa origine e ciascuno ne coglie la complessità attraverso i propri limiti e i propri sbagli. Questo dovrebbe aiutarci a restare interiormente orientati verso i piccoli gesti d’amore che possiamo seminare nelle nostre giornate. Le ferite d’amore si curano solo con l’Amore: allenarci alle finezze d’amore è un dono che facciamo prima a noi stessi che agli altri.
Vi propongo un’altra citazione presa dal libro di C. Singer: Quando una società vuol separare l’uomo dalla sua trascendenza, non ha bisogno di attaccare i grandi edifici delle chiese e delle religioni, basta degradare la relazione tra l’uomo e la donna. Dovunque affiori un primo momento di cultura, il sacro e la sessualità sono collegati. La sessualità è sempre una manifestazione del sacro, di questo ingresso dell’uomo e della donna nella risonanza della creazione. Quanta strada abbiamo da fare in questo senso, come dobbiamo riappropriarci e con forza, di queste dimensioni del vivere e dell’amore umano. Infelicemente (come dicono i nostri amici brasiliani), siamo tutti permeati di moralismo o di banalità in tema di sessualità. Questa è una delle difficoltà più grandi nel recuperare la dimensione dell’amore: come riportarla a un livello in cui sessualità e amore non si danneggiano ma si rinforzano reciprocamente per diventare percorsi di spiritualità?
Credo che abbiamo un grande lavoro da compiere anche rispetto ai simboli del cristianesimo, di cui dobbiamo riappropriarci, per rivestirli di parole e di senso comprensibili per gli uomini del nostro tempo. Aiutiamoci insieme a trovare il coraggio di prendere la piccola barchetta della nostra esistenza per indirizzarla verso il semplicemente vivere e il semplicemente amare. Certo è difficile uscire dai condizionamenti degli altri, dai desideri altrui per ritornare al nostro desiderio, al senso del nostro vivere. Difficile perché ci fa camminare contro corrente e progressivamente ci spoglia delle false immagini di noi stessi e ci lascia però più veri, più essenziali. Più consapevoli del nulla che noi siamo. E questo è paradossalmente il punto di partenza e di arrivo. Che cos’è l’amore? La capacità di donare agli altri il nulla che noi siamo: è forse allora che il crocifisso diventa il potente simbolo del dono della pienezza di sé. E poi l’Eucarestia. Spezzare il pane tra di noi, creare comunità per dare il pane dell’Amore a chi non ne ha avuto. Le nostre comunità devono diventare luoghi di questa Presenza, per far sì che chi ha avuto poco cibo d’amore per vivere, possa trovare delle comunità fraterne in cui non si senta giudicato, in cui la tenerezza, che è la forma più grande dell’amore di Dio, sia la moneta che circola tra le persone. Concludo con un’ultima citazione della Singer a proposito dell’amore. Alla lunga, nella Vita, non val la pena essere stati cinici, revanscisti, vincenti, competitivi, i migliori, neanche di essere stati depressi, brontoloni, la sola cosa che alla lunga valga il gioco e la candela, è l’aver amato. Nell’ordine dell’invisibile il frutto è ineluttabile. Nessuna forza potrebbe impedire a una foglia di acero di diventare rossa. Ineluttabilmente la foglia si colora, il frutto matura, comincia allora all’insaputa di tutti a battere nel petto di colui che celebra la vita, senza lasciarsi turbare dal tradimento, dalla delusione, dalla rabbia distruttrice, l’Amore e la gratitudine. È l’amore che crea un cuore pacificato, un cuore umano.
Don Mario De Maio
(da “Oreundici” di marzo 2012)