La preziosità del nostro “essere nulla”.
Un sabato era entrato
in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad
osservarlo. Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse
loro una parabola: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al
primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e
colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai
con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece quando sei invitato, va’ a
metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica:
Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.
Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». (Lc.
14, 1.7-11) C’è una
domanda a cui spesso cerchiamo di rispondere: qual è la mia vera identità? Qual
è il vestito in cui mi sento bene? E’ il mio ruolo sociale o professionale che
nel tempo le circostanze o le mie scelte mi hanno costruito? Spesso tra il
ruolo e la propria identità non vi è una perfetta sintonia, se non addirittura
conflitto e sofferenza. Questa difficoltà si acuisce fino a diventare
struggente nell’impatto con le diverse relazioni nelle quali quotidianamente ci
muoviamo. La parabola riportata da Luca, può aiutarci a trovare una risposta.
tra le possibili interpretazioni è bello pensare che il pranzo di nozze
rappresenta simbolicamente la grande festa della vita, a cui nascendo tutti
siamo invitati. Quale posto più o meno consapevolmente scegliamo di occupare?
Spesso il nostro ruolo sociale o la pseudo identità che nel tempo ci siamo
costruiti, può crearci degli abbagli e nutrire attese e pretese che
immancabilmente saranno deluse. La vita può talora diventare difficile, se non
addirittura un continuo elemosinare riconoscimenti da parte di tutti, con tanta
conseguente rabbia quando non veniamo esauditi. È importante riconsiderare il
nostro punto di partenza per dare un orientamento più vero e sereno a tutta la
nostra esistenza.
Una delle tappe importanti del nostro cammino spirituale è la presa di contatto
con il vuoto e il nulla che noi siamo. Sono i momenti difficili e dolorosi
della vita che ci offrono questa grande opportunità di poterci radicare nel
nulla. Vi ricordo lo splendido libro di fr. Arturo Paoli “La pazienza
del nulla” ( ed. Chiarelettere 2012 ). riprendo il brano in cui fr.
Arturo parla di riscoprire “l’uomo vero liberandolo da quel che si è messo
addosso o che gli hanno messo addosso gli altri”. Allora possiamo lasciare
emergere la nostra vera identità e la nostra capacità di amare. Questa tensione
acuta e prepotente che ciascuno di noi porta dentro nascosta e mascherata dalle
nostre pseudo identità. Vi invito a riflettere, a fare memoria, a fare tesoro,
delle esperienze in cui ci siamo sentiti un nulla… La consapevolezza del nostro
nulla a cui la vita ci ha più volte richiamato, deve diventare un pensiero
durevole. Se ci alleniamo a riconoscerlo nel quotidiano, se diventa un’
acquisizione costante, allora partendo dal nostro nulla ci è più facile capire
qual è il nostro posto. Se siamo nulla cosa possiamo pretendere? Partendo dal
nostro essere un soffio, un nulla, sarà chiaro per noi sapere dove collocarci,
quale posto scegliere o occupare nella vita. Il nostro rapporto con gli altri
cambierebbe, piuttosto che chiedere agli altri di riempire il nostro vuoto, servendoci
di loro, cercheremo, senza pretese, di essere servi di tutti. Però nello stesso
tempo c’è una domanda che dobbiamo porci: qual è la preziosità del nostro
essere nulla? ogni vita infatti è unica, ha un inedito, un monos,
una specificità totalmente personale che non è data dai gradi che portiamo
sulle spalline, è data dalla nostra povertà e dalla ricchezza di vita che è
dentro di noi e a volte fa fatica ad esprimersi. Se partiamo dalla domanda,
qual è la preziosità che la mia vita racchiude, allora è più facile fare di noi
stessi un dono, fare di noi un dono d’amore. Che cosa può arricchire la
preziosità della nostra vita e del nostro nulla? due cose: la tenerezza e la
gratuità. La tenerezza che saremo in grado di esprimere,
dopo aver liberato la forza dell’amore dalle pretese deliranti di essere al
centro dell’attenzione degli altri. Il nostro amore potrà finalmente esprimersi
creativamente in infinite forme di tenerezza. La gratuità dei nostri
comportamenti, darà un tocco del tutto speciale allo stile della nostra vita.
mille attenzioni e delicate sfumature saranno il segno di una nuova maturità a
cui siamo orientati. Non sarà un cammino facile, ma riflessione, silenzio,
confronto e interiorità potranno farci vivere la gioia di essere pienamente
partecipi di questo banchetto di nozze che è lo spazio di vita che stiamo
vivendo.
Don Mario De Maio
(da “Oreundici” di ottobre 2013)