PRENDETE E MANGIATE
La meridiana, 2005
“L’Eucarestia non deve consolare ma trasformare la storia umana con una dinamica di amore e liberazione. E, invece, è stata congelata in un rito da ripetere per devozione”, scrive e argomenta fratel Arturo nelle pagine di questo piccolo ma importante libro, uscito in concomitanza con il Congresso Eucaristico di Bari del maggio 2005.
Il libro raccoglie scritti e conferenze tenute nell’arco di dieci anni, dal 1995 ad oggi, consegnandoci riflessioni destinate a durare a lungo.
LA PREFAZIONE
I fedeli della Chiesa cattolica sono stati invitati dal Papa Giovanni Paolo II a pensare all’Eucarestia in questo 2005 che avrà come momento alto il Congresso Eucaristico di Bari.
Ho accolto l’invito a pubblicare questo piccolo libro anche perché l’Eucarestia è da sempre tema delle mie meditazioni quotidiane, e direi subito delizia e tormento, gioia molta intensa in certi momenti, a cui ricorro nei passaggi difficili della vita, e problema faticoso in certi altri, come se mi trovassi improvvisamente responsabile di convocare a partecipare ad un progetto troppo grande per la mia fragilità. Qualcosa che si aggiunge alla ricerca di Colui che ho deciso di seguire con l’onestà e la serietà che potevo, cercando di non perdere l’equilibrio, come un anziano sacerdote della mia città che faceva l’evidente sforzo di essere presente con tutto se stesso mentre pronunziava le tremende parole: “Prendete e mangiate”, prendete e bevete, questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. Questo sacerdote, a cui pensavo spesso nella mia adolescenza avendolo conosciuto da vicino, morì all’altare, cadde, perse la parola e si spense.
L’insistenza sulla presenza reale è stata per un certo tempo al centro della teologia eucaristica. Questa teologia era quella che ci veniva insegnata al tempo della mia preparazione al sacerdozio. E mi stava togliendo il desiderio di essere prete. Restai perché ebbi tra le mani Henry De Lubac e soprattutto l’esaltante presentazione cosmica cristocentrica di Teilhard de Chardin, che mi aveva passato un amico in lingua francese, perché, credo, ne era vietata la traduzione italiana.
Oggi non potrei pensare l’Eucarestia separata da questa visione cosmica, cui io aggiungo gli aggettivi ‘storico – politica’, sacrificio dell’Antica e Nuova Alleanza. Il Cristo infatti non ha cancellato l’Antica Alleanza, l’ha estesa nel tempo. E oggi la ricerca è diretta al Cristo ebreo, una ricerca che è tutt’altro che un ritorno indietro, perché è scoprire Cristo come risposta alle problematiche di oggi e ai bisogni reali della generazione presente nel tempo.
Ho letto quanti libri potevo sul tema del sacrificio che è proprio di ogni religione. Tutti hanno in comune la riconciliazione con un Dio risentito, arrabbiato contro l’uomo, bisognoso di sacrifici. Spesso sono sacrifici estremi o interpretazioni forzate, come nell’ultimo film di Mel Gibson, dove Dio sembra mandare il figlio perché fosse pestato e massacrato. Questo non è il Dio di Gesù, di Isaia, dei Profeti, quello dell’Alleanza che scende per aiutare l’uomo a vivere rispettando la sua vera identità, che è quella dell’io ospitale.
Sto leggendo un piccolo libro dell’amico Carmine Di Sante che per me vale più di molti grossi volumi di teologia e che muove tutte le mie viscere. È un libro che non fa scoperte sensazionali. Ci mette però sotto gli occhi alcuni testi significativi dell’Antico Testamento che ci rivelano la tenerezza di Dio verso di noi. “La deitas dei per la Bibbia, ciò che fa sì che Dio sia Dio e non idolo, personificazione o proiezione dell’umano, è il suo essere oltre la logica dell’essere o della volontà di essere, il suo essere altrimenti che essere, cioè bontà, gratuità e disinteresse”. E questi è il Padre di Gesù, Colui al quale noi piccoli fratelli, con le stesse parole di fratello Carlo De Foucauld, rinnoviamo ogni giorno il dono di tutto il nostro essere, spinti dall’ideale di diventare bontà, gratuità, disinteresse, superando l’egoismo che ci ha portato spesso a scelte che potevano contentare il nostro io.
In seminario ricordo che si veniva a conoscenza di una specie di commedia, o messa in scena di estrazione luterana, sulla lotta tra un angelo e il demonio; l’angelo metteva in un piccolo otre qualche goccia di sangue che scendeva dalla croce e la consegnava al diavolo per il riscatto delle anime. Il diavolo se lo portava via, pensando che fosse denaro, e si scopriva ingannato. Tommaso, poeta dell’Eucarestia, si rivolge al Cristo chiedendogli di pulirlo dalla sua immondizia con il suo sangue, ogni goccia del quale può salvare il mondo dai suoi delitti.
Oggi il pensiero dei filosofi occidentali ha lasciato su una vecchia strada chiusa al transito la filosofia dell’essere, perché si sono accorti che questo pensiero era alla base di un occidente cristiano colpevole di avvenimenti come la Shoah e di progetti umani come il capitalismo, che per funzionare ha bisogno della fame di una parte sempre più estesa dell’umanità, e soprattutto di idolatrie come il mercato.
Si sta schiudendo un’epoca che ci offre un linguaggio certamente più vicino al pensiero e alle intenzioni che hanno guidato la vita di Gesù. In tutta la tradizione cristiana il Cristo presente sotto il simbolo eucaristico è il Cristo resuscitato, il Pantocrator che domina da un catino d’oro le cattedrali bizantine, il re vittorioso, il trionfatore risorto dalla morte dopo aver offerto la sua vita al Padre riconciliando l’uomo con Dio. La conseguenza di questa visione è che l’uomo deve accoglierlo con riverenza, dopo essersi purificato dai suoi peccati procurando la massima purezza interiore. E siccome la nostra cultura occidentale è dualista, e per noi cristiani questo dualismo è entrato nel pensiero attraverso i movimenti catari e manichei, la purificazione è diretta soprattutto alla liberazione dai peccati della carne. Coloro che attraverso progetti e atti personali rinforzano i poteri del capitalismo, possono essere invece considerati figli esemplari della Chiesa, addirittura inviati da Dio.
Il denaro è nulla, la terra è una dimora di transito, addirittura, come dice Agostino, è paragonabile a una di quelle locande che si trovano sulla strada per passare la notte, sicuramente assai lontane dagli Hilton e dagli Sheraton.
Ora che il pensiero ha preso un indirizzo fenomenologico, e di conseguenza etico, non possiamo più pensare l’Eucarestia come abbiamo fatto finora: l’Eucarestia è il culmine della storia d’Israele, è l’ebreo Gesù inviato del Padre che si consegna al mondo e alla storia umana e che porta con sé tutti i messaggi che il Padre ha rivolto a questo piccolo popolo.
Questo Cristo suppone una domanda che mi faccio da anni: che cosa pensava Gesù quando mangiò con i compagni la cena pasquale e pronunziò sul pane e sul vino le parole che i cristiani ripeteranno all’infinito “prendete e mangiate”? Pensava di dare se stesso all’umanità per portarla ad essere come Lui, veramente figlio, è immagine del Padre. Carmine in questo libro non si lancia a esercitare il suo pensiero per mettere Gesù e il simbolo da lui scelto sull’impianto dell’essere, ma semplicemente raccoglie e interpreta, direi con umiltà, i messaggi di Dio ai quali l’uomo Gesù ha obbedito pienamente conoscendo l’intenzione divina del Padre: che l’uomo accetti questa forza di vita come energia trasformatrice, per arrivare ad essere figli a sua immagine, portando avanti il suo progetto di fare una famiglia umana che sia veramente una nell’amore, nell’amicizia, nella condivisione della responsabilità degli uni verso gli altri.
Arturo Paoli