Vai all'archivio : •

Dove sta veramente l’altro?

Tutti facciamo esperienza di quanto sia difficile il dialogo e il confronto tra persone che si ascoltino sinceramente con il desiderio di capire dove sta veramente l’altro e qual è il bene che si può costruire insieme. Ogni giorno attraversiamo relazioni, ‘reti’ e reticoli con il desiderio e la curiosità di conoscere, ma anche con la preoccupazione di non rimanere ‘irretiti’. Aspiriamo, in altre parole, a riconoscerci in una appartenenza, sia essa un gruppo, un’istituzione o una persona. Fermiamoci allora brevemente su questo concetto di appartenenza. Una serie di appartenenze le ereditiamo: il livello sociale, un certo tipo di cultura, un sistema di pensiero, una modalità di vivere la religione, uno stile di vita. Nel tempo i processi di crescita ci portano a maturare l’abbandono di alcune di esse e a cercarne altre. Se l’appartenenza che cerchiamo è la nicchia nella quale sentirci protetti, cautelati, autenticati nella nostra identità e credibilità, qualunque presenza estranea, diversa, divergente diventerà una minaccia e una intrusione da cui difenderci. L’appartenenza sarà una proiezione di noi stessi e non uno spazio di incontro e confronto, con il rischio di rendere assoluto un valore oppure un gruppo, un sistema di pensiero, un’istituzione, che inevitabilmente ci deluderà e farà soffrire noi e gli altri. Se l’appartenenza nasce dall’aver messo insieme un proprio capitale emotivo, affettivo e magari anche economico per costruire una realtà nuova, diversa, ricca e arricchente, essa diventerà una forza e una opportunità. I progetti, gli amici, le istituzioni a cui scegliamo di appartenere saranno i luoghi dove sentiamo che la parte più vitale di noi stessi, quella che chiamiamo desiderio, può essere accolta, potenziata, realizzata. È così che si può creare una rete di comunicazione, di affetti, di simpatie, di sogni, di idealità che diventano la forza e il piacere del vivere. Oggi all’interno della comunità dei credenti sono molto numerosi i gruppi, i movimenti, le comunità. Spesso ciascuno di essi appare orientato ad ottenere una legittimazione dalle autorità più che impegnato nell’approfondire la propria identità cristiana, che è sempre legittimata dall’essere popolo di Dio e dal dialogare con lo Spirito promesso da Gesù ad ogni uomo e ad ogni gruppo che si riunisce in suo nome. La riflessione comune, la meditazione, la ricerca sincera del bene dell’uomo possono essere la vera potenza trasformatrice, se le potenzialità e le forze dei singoli e dei gruppi che si fanno ‘rete’ saranno incanalate nel far crescere il bene dell’uomo in tutte le sue manifestazioni.

don Mario