Anche voi sarete stati colpiti dal numero crescente di suicidi di cui le cronache quotidiane puntualmente ci informano. Abbiamo pensato di dedicare questo numero alla tenerezza e il prossimo alla passione. La tenerezza è una dimensione estremamente raffinata dell’animo umano che esprime un lungo cammino di riconciliazione che la persona è riuscita a fare, prima di tutto con se stessa e poi con il mondo che la circonda. C’è bisogno di tanta accoglienza e di tanta tenerezza con noi stessi, con i nostri numerosi limiti, con le ferite del passato e con quelle presenti. Se il nostro atteggiamento abituale non supera uno stato d’animo di attesa continua di risarcimento, non può entrare in una dimensione di serenità e riconciliazione. Solo così potremo abbandonare toni mal disposti, talora aggressivi e colpevolizzanti verso noi stessi ma soprattutto verso le persone che fanno parte della piccola comunità cui apparteniamo.
La tenerezza che tutto accoglie, tutto comprende, tutto perdona, immette una dimensione nuova nelle dinamiche aggressive e competitive in cui la società è immersa. Tenerezza vuol dire rivolgere un sorriso a chi non ci accoglie, a chi neppure si accorge della nostra esistenza, a chi grossolanamente calpesta le nostre attese e i nostri diritti. Tenerezza è rendere quotidiano ciò che noi professiamo per fede. Tenerezza vuol dire fiducia nella positività e nel bene che crediamo avvolga la nostra esistenza e quella di ogni uomo. I gesti di tenerezza, nella loro povertà e nella loro semplicità, possono innescare il miracolo di dare speranza a chi avverte solo motivi di disperazione. Sentire accanto a noi una presenza che gratuitamente e generosamente ci pensa e ci accompagna, può cambiare la nostra vita. Per realizzare tutto ciò è indispensabile entrare in una disposizione di vita dove la superficialità, la fretta, la banalità sono bandite per lasciare spazio all’ascolto, al silenzio meditativo, alla qualità dei rapporti umani. È lo stile che caratterizzava Gesù e che ha dato inizio a quella rivoluzione chiamata cristianesimo a cui noi umilmente tentiamo di appartenere.
don Mario