Omelia di don Mario
Oggi è la festa del Corpo di Gesù. Nel passato questa festa è stata istituita per rinforzare l’Eucarestia e le altre forme di presenza del Signore. A me fa piacere, insieme a voi, pensare come era Gesù Cristo in realtà. Come era nel suo tratto fisico e come era nel rapporto con gli altri. Questa è la cosa che mi sconvolge di più: quanta tenerezza, quanta comprensione, quanto senso di amicizia doveva offrire a quelli che gli andavano incontro.
Gesù nel lasciare questa terra da un indicazione: il più povero, il più bisognoso, il più malato, sono io stesso. Quello che farete a loro, lo farete a me.
E’ vero che oggi siamo un pò più organizzati nelle manifestazioni di carità però dentro di noi quale è la sensibilità che noi abbiamo? Verso chi noi ci orientiamo? In modo particolare, quali sono le figure, le situazioni, le persone che ci fanno essere, secondo la parola di Gesù?
Spesso noi dimentichiamo questo insegnamento di Gesù che dobbiamo amare, prima di tutto e soprattutto, i più poveri, i più abbandonati e i più bisognosi.
Ci manca la sensibilità nel guardarci intorno e vedere le sofferenze dei nostri fratelli. Non è molto facile e ci vuole un allenamento ad avere l’occhio attento a quello che succede intorno a noi, a quello che succede in noi, a quello che succede in casa nostra. E’ una grande virtù saper cogliere la sofferenza d’animo dei nostri fratelli. E’ una grande virtù non offendere mai la sensibilità dei nostri fratelli ma farli sentire accolti con noi vicino, in segno di grande fraternità.
Immaginate se noi potessimo avere con noi Gesù. Poter stare vicino a lui, vivere con lui. Non so come ci comporteremmo. Ora sappiamo della grandezza della sua esistenza ma forse allora non saremmo stati in grado di vederla e di coglierla.
Domandiamoci: quando noi incontriamo il corpo del Signore? Abbiamo imparato dalla storia che lì dove c’è maggiore sofferenza, c’è maggiore presenza di Gesù.
Prendiamo spunto da questa celebrazione per rientrare in noi stessi e chiederci quale è il mio rapporto con il Signore. Riesco a mettere le mani dove c’è tanta sofferenza e dove c’è bisogno di tanto aiuto?
Signore, siamo dispersi per le strade del mondo, eppure vogliamo essere vicino a te, toccare il tuo corpo, vivere la tua esperienza di vita e soprattutto la tua esperienza di amicizia e di amore.
IX Domenica Tempo Ordinario
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 14, 12-16. 22-26)
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Parola del Signore