Omelia di don Mario
Ogni giorno la televisione e le prime pagine dei giornali ci sommergono con immagini di morte provenienti dai diversi scenari di guerra. È terribile vedere quanto dolore e quanta sofferenza abbiamo vicino a casa nostra. Cosa fare? È la domanda che ci viene spontanea, a cui però la risposta è di smarrimento e di grande impotenza. Il tema della “pace” a cui dedichiamo questo quaderno è un tema antico, un tema che percorre tutti i libri del vecchio e del nuovo testamento. È una dimensione soprattutto dell’animo umano che ha mille sfaccettature. Siamo colpiti dalle guerre ma in realtà siamo avvolti in un universo morbido di violenza. Vi è una violenza strutturale nelle nostre istituzioni dove non vi è giustizia e spazio per una pacifica convivenza. Vi è violenza sulle nostre strade dove ogni giorno non si contano più le vittime. Vi è violenza nelle nostre relazioni, personali e sociali, nella politica, nel lavoro, nelle scuole. Eppure questo termine: «Pace tra voi» è stato il dono prezioso che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli.
Fra le tante riflessioni mi piace offrirvi come spunto quello che Etty Hillesum riporta nel suo diario: “È proprio l’unica possibilità che abbiamo, non vedo altre alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri. E convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancora più inospitale”.
Il cammino per la pace è lungo, fatto di numerose tappe, richiede l’impegno di ognuno di noi. Parafrasando il discorso della montagna, Valentino Salvoldi, ci offre un inno alla pace di cui vi riporto alcune espressioni:
Beato chi decide di perdere: come il chicco di frumento sotto terra, darà abbondanti frutti.
Beato chi porge l’altra guancia: spezzerà la catena della violenza.
Beato chi non da pugni nello stomaco per fare carriera: sarà ripagato generosamente per la sua onestà.
Beato chi non pretende di avere il monopolio della verità: troverà gioia nel mendicare amore e bellezza, nascosti in ogni essere umano.
Beato chi non si scoraggia: rimarrà giovane con il suo ottimismo.
Beato chi sposa la povertà: genererà figli innamorati della vita.
Beato chi muore per la non violenza: libero come il vento competerà in splendore con le stelle e creerà sulla terra la civiltà dell’amore.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 21,33-43)
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto per mio figlio!. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Parola del Signore