Ci sono tre elementi molto chiari.
Il primo è la decisione finale: “Lasciato tutto, lo seguirono”. Non è il primo incontro che gli
apostoli ebbero con Gesù, avevano già avuto altre relazioni prima, lo sappiamo soprattutto
dal Quarto Vangelo, ma Luca riassume in quell’esperienza la decisione fondamentale. C’è
infatti un momento in cui la decisione diventa definitiva e quello fu il giorno – per Pietro,
Andrea, Giacomo e Giovanni – della loro decisione definitiva: “Lasciarono tutto e lo
seguirono”.
Ma la decisione è la conclusione di un cammino che, nel racconto di Luca, è segnato da due
caratteristiche: un atto di fiducia e il riconoscimento del proprio peccato. Sono due
atteggiamenti fondamentali, nel cammino degli uomini, e soprattutto nei rapporti che noi
viviamo con gli altri.
Ma vediamo prima in Pietro che cosa avvenne quel giorno.
Un atto di fiducia. Pietro era un pescatore esperto, conosceva bene i segreti di quel lago che
aveva percorso in lungo e in largo. Del resto il lago di Genezareth non è poi grande; è vero
che lo chiamavano il ‘mare di Galilea’, ma solo per le conoscenze limitate che avevano e
quindi per la loro mentalità ancora provinciale, come è comprensibile: forse non avevano mai
visto grandi distese d’acqua, anche se erano vicini al Mediterraneo. In ogni caso, Pietro
conosceva molto bene il lago di Tiberiade, in tutti i suoi segreti. Aveva quella notte cercato di
prendere pesci, ma inutilmente. Dice: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso
nulla”. E Gesù, dopo aver proposto il suo insegnamento alla gente, gli dice: “Andiamo al
largo, getta le reti”.
Pietro ha certamente sorriso di questo invito, ma aveva fiducia in Gesù, anche se la sua è una
fiducia ancora un po’ condizionata: si richiama alla sua esperienza, sa che a quell’ora è inutile
andare a pescare. Eppure dice: “Nel tuo nome getterò le reti”. E’ quell’atto di fiducia che
consente un’esperienza straordinaria: non è tanto il fatto di prendere molti pesci, è
l’esperienza della forza che aveva la parola di Gesù. Dopo la sua predicazione, l’invito che
gli aveva fatto, è un’esperienza di qualcosa di più grande; potremmo dire, in termini dei
sociologi della religione, che è un’esperienza del sacro. E’ uno di quei momenti che
diventano luce per un cammino.
In tutte le esistenze, in tutte le vite delle persone umane, ci sono momenti di questo tipo, cioè
momenti in cui scopriamo che in azione nella storia, nella nostra esistenza, c’è una forza più
grande, c’è un’energia più grande, che contiene ricchezze non ancora espresse e che a
determinate condizioni possono fiorire nella nostra vita. E’ un’esperienza che in un modo o
nell’altro tutti facciamo: non c’è bisogno di credere in Dio, per fare un’esperienza di questo
tipo. Certo però che è richiesta una fiducia particolare: una fiducia negli altri, una fiducia
nella vita, una fiducia in quell’energia, in quella forza, che sostiene tutti noi e ci sospinge nel
nostro cammino.
In fondo è questo che noi esprimiamo quando parliamo della fede in Dio. La fede in Dio non
è la conoscenza della realtà divina, perché Dio non è conoscibile, noi siamo chiusi all’interno
dei nostri schemi, dei nostri modelli, delle nostre immagini, delle nostre esperienze e oltre
quelle non possiamo andare. Ma quando parliamo della fede in Dio esprimiamo precisamente
questo tipo di esperienza: la fiducia che il Bene che è in azione quando noi amiamo è più
grande della realtà che noi siamo, è più grande del bene della persona che incontriamo: c’è
un bene più grande, che può diventare in noi amore nuovo. Esprimiamo la fiducia che la
Verità che stimola la nostra ricerca quando noi pensiamo, quando ci arrovelliamo intorno a
un problema e cerchiamo di capire la realtà attorno a noi, è molto più grande delle nostre idee
e delle idee che possiamo trovare negli altri, che possiamo leggere nei libri o nei giornali: c’è
una verità più grande, che può in certi momenti diventare luce, illuminazione in noi, scoperta
del significato della vita. Esprimiamo la fiducia che c’è una Giustizia che ci stimola ad
inventare progetti nuovi di dedizione, di fraternità, di servizio, di condivisione e che è una
giustizia più rigorosa di quelle che gli uomini riescono a formulare. In una parola,
esprimiamo la fiducia che la Vita che ci sostiene, che ci avvolge, è più grande della nostra
piccola esistenza.
In termini personali (dato che ci riferiamo a Gesù, che ha rivelato il Dio che è amore),
diciamo che la nostra vita è attraversata da un Amore più grande di quello delle creature, ma
che non ci perviene e non può essere espresso se non attraverso le creature che incontriamo.
E’ questo il gioco della relazione: comincia con la scoperta di una creatura, del suo mistero,
per pervenire poi alla scoperta del Mistero più grande che è il mistero della nostra vita.
Pietro quel giorno fece un’esperienza di questo tipo. Non tanto per i pesci che prese: scoprì
che accanto a lui c’era una persona che esprimeva una potenza più grande. E si gettò ai piedi
di Gesù.
Il riconoscimento del proprio peccato. Ed ecco il secondo atteggiamento, che fa parte della
stessa esperienza della scoperta della nostra indegnità: “Allontanati da me, io sono un
peccatore”. E’ strano che un rapporto inizi con la domanda di un allontanarsi. Eppure
cominciò così il rapporto di Pietro con Gesù, per come Luca lo descrive, con questa
consapevolezza.
Anche nel rapporto tra le persone è necessario che arrivi questo momento in cui si supera
l’illusione dell’idolo, cioè si scopre l’insufficienza nostra, ma anche della creatura, perché si
scopre la grandezza che si esprime. Ma è la grandezza di Dio che si esprime negli altri.
E’ questa scoperta che è fondamentale. E quando avviene prendiamo coscienza del nostro
limite e del nostro peccato.
E’ questo il mistero dell’amore. Se si ferma solo al primo momento, se non giunge alla
scoperta della profondità della vita, non può iniziare una relazione profonda, cioè una
relazione non fondata semplicemente sul bene che l’altro è, sulla verità che l’altro porta, sulla
bellezza che l’altro esprime, ma fondato su una Realtà più grande, che rende possibile la
bellezza, la verità, il bene di ogni persona.
Quando si giunge a questa scoperta il rapporto acquista una dimensione nuova, una
dimensione trascendente. E’ la scoperta che quando noi vogliamo il bene di qualcuno non
solo offriamo il bene che noi siamo – che sarebbe poco, insufficiente – ma possiamo donare
un Bene più grande, che non siamo noi, ma che in noi può esprimersi e diventare dono per gli
altri.
E’ a questo punto che l’amore diventa relazione matrimoniale di fronte a Dio, cioè acquista
una dimensione nuova. Non ci sono più solo i due sposi, non c’è solo chi vuole il bene e chi
lo accoglie per ri-esprimerlo, ma c’è il riconoscimento comune che c’è un Bene più grande.
Per cui volersi bene significa lasciarsi penetrare da una forza più grande, per donarla ed
esprimerla in ogni gesto della nostra vita.
Dal Vangelo di Luca (Lc 5, 1-11)
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.