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Etica contro opacità: il ruolo delle banche e quello della politica

di Anna Fasano (presidente di Banca Etica) su avvenire.it del 6.02.25

La finanza etica rifiuta ogni finanziamento e investimento nel settore delle armi: non ci aspettiamo sia una scelta imposta per legge, ma tornare indietro sulla trasparenza no.

Oggi, dopo alcuni mesi di silenzio, le Commissioni Esteri e Difesa della Camera riprendono la discussione sul Ddl che mira a modificare la legge 185/1990 sull’export di armi italiane. Una proposta che, tra le altre cose, intende cancellare ogni forma di trasparenza sulla vendita di armamenti e sulle banche che finanziano e traggono profitto da queste operazioni. Questo disegno di legge, di iniziativa governativa, ha già ottenuto l’approvazione del Senato e, se dovesse passare anche alla Camera, rappresenterebbe un clamoroso passo indietro. Un provvedimento in aperta contraddizione con l’impianto normativo che l’Europa sta costruendo da anni per garantire maggiore trasparenza nel settore finanziario.

Le banche, attraverso i loro finanziamenti, determinano il tipo di economia e di società in cui viviamo: proprio per questo, il loro operato non può essere sottratto al dovere di trasparenza. Inoltre, questa modifica legislativa appare in netto contrasto con il Trattato Onu del 2013 sul commercio di armi, sottoscritto dall’Italia. Durante l’iter in Senato, Banca Etica, insieme a una vasta rete di organizzazioni della società civile, ha chiesto più volte al governo di spiegare le ragioni di questa scelta, che si traduce in un’inaccettabile operazione di opacità.

Perché sia chiaro: la legge 185/1990 non vieta l’export di armi italiane, ma impone che queste operazioni non coinvolgano Paesi in conflitto o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e che avvengano nel rispetto della trasparenza. Un principio essenziale, considerando gli enormi impatti umanitari, strategici e geopolitici dell’industria bellica, settore storicamente segnato da corruzione e illegalità diffusa. Finora, nessuna risposta plausibile è stata fornita. I cittadini e il Parlamento hanno il diritto di sapere a chi vengono vendute le armi italiane e quali banche utilizzano il denaro dei risparmiatori per finanziare questo business.
Negli ultimi anni, in Italia e in Europa, consumatori e risparmiatori hanno mostrato un interesse crescente per scelte etiche e sostenibili. Vogliono conoscere l’impatto sociale e ambientale delle loro decisioni economiche. Senza trasparenza, questa consapevolezza viene negata arbitrariamente.

Le stesse normative bancarie e societarie richiedono piena disclosure alle aziende e allora perché un passo indietro sulla trasparenza? Ci auguriamo che la discussione alla Camera dia spazio a un confronto serio e approfondito. È fondamentale che il maggior numero di forze politiche si attivi per migliorare questa norma ed evitare di legittimare pratiche opache.

Voglio essere chiara: la finanza etica rifiuta ogni finanziamento e investimento nel settore delle armi. Ma non ci aspettiamo che tutte le banche adottino questa politica, né chiediamo che sia imposta per legge. Quello che chiediamo oggi è semplicemente di non cancellare il principio di trasparenza e il diritto del Parlamento a un’informazione corretta. La legge 185/1990, pur indebolita nel tempo, garantisce ancora questo presidio fondamentale: smantellarlo sarebbe un grave errore.