IL SOGNO DI GESÙ: UN MONDO DI AMICI
CELEBRAZIONE DELLA SETTIMANA SANTA
5 – 12 aprile 2020
IL SOGNO DI GESÙUN MONDO DI AMICIGIOVEDÌ SANTO9 aprile 2020 |
Tra gli psicoanalisti è celebre questa espressione di Freud: tre sono le cose impossibili da fare educare, governare, psicoanalizzare. Lui non era credente, forse per noi è possibile aggiungerne una quarta: fare fraternità. Gesù ne ha fatto il punto più alto della sua vita. L’ ha lasciato ai suoi discepoli come stella polare, come ideale da raggiungere.
Il vangelo di Giovanni, non riporta il brano dell’ ultima cena, quella dell’ istituzione dell’Eucarestia, ma solo quello della lavanda dei piedi. Spesso ci chiediamo il perché di questa omissione.
Ai quei tempi, tutti si spostavano a piedi o sugli asinelli e il gesto di accogliere e lavare i piedi agli amici prima di sedere a mensa, era riservato alle donne e ai servi.
Questo gesto, diventato simbolo di fraternità per i cristiani, in realtà non ha niente di romantico; è impegnativo, arduo da compiere. Dall’alto della nostra religiosità, scivoliamo spesso in gesti di carità, in un dare che resta esteriorità. Molto più impegnativo lasciarli nascere nella fede, dal basso, dalla terra.
Di nuovo infatti il vangelo ci parla di piedi, polvere, terra e cammino.
Ci invita anche a non sbagliare i tempi: questo dono va prima ricevuto, per essere capaci poi di restituirlo dalla giusta prospettiva. Gesù l’ha ricevuto, l’ha fatto suo, ora lo compie verso i suoi amici.
Potente gesto di donne! Silenzioso amore, profumo di nardo purissimo.
Come Pietro, ciascuno di noi istintivamente resiste.
Vorremmo tanto salvarci da soli, togliere dalla nostra vita quello che ci fa zoppicare, ciò che, come la polvere, si riappiccica ancora e ancora, a causa delle ferite d’amore che ci abitano.
Difficile rimanere nella nostra strutturale mancanza, nel nostro bisogno di essere amati.
Rimanete nel mio amore, dice Gesù. (Giov. 15,9)
Rimanere là dove vorremmo scappare, dove ci vergogniamo di mostrarci mancanti, là dove abbiamo l’assoluto bisogno di essere salvati. È l’altro che ci struttura, ci altera. L’altro a cui non possiamo non rivolgere il nostro desiderio d’amore, l’altro che solo ci può salvare.
Lazzaro esce dalla tomba alla voce potente di Gesù, ma sono le sue sorelle che devono scioglierne le bende e lasciarlo libero di andare. (Giov. 11,44)
Mai senza l’altro, senza la relazione.
Divenire fratelli, divenire sorelle è un lungo camminare insieme nella fedeltà dell’Amore.
Solo attraverso la nostra personale esperienza possiamo a nostra volta vivere la fecondità del dono, del balsamo offerto all’altro non più visto come rivale, come nemico. L’altro, colui che inginocchiandosi ai nostri piedi, ci fa scandalizzare della necessità di essere per primi oggetto d’amore, di tenerezza, di misericordia. L’Altro che a sua volta mendica la nostra compassione, la nostra condivisione.
Sarà forse un caso che le prime pagine della bibbia, dopo il racconto della creazione, ci parlano di questo impossibile amore tra l’uomo e la donna, tra i fratelli, tra gli umani e la natura?
Difficile, difficile, difficile Amore. Ogni giorno c’è da ricominciare.
Papa Francesco insiste cocciutamente nel ricordarcelo. Prima la fraternità. E con tutti. O ciò che si sgretola è l’umanità intera. Accogliere i poveri, accoglierci tra poveri, non è per i cristiani un optional. È la salvezza che bussa alle porte delle nostre case e ci domanda di lasciarci salvare, insieme.
Nella liturgia del sabato santo siamo invitati a rinnovare le promesse del nostro battesimo.
Liberaci Signore dalla presunzione di salvarci da soli, personalmente e come popoli.
Liberaci dal proiettare nell’altro la nostra incapacità d’amare e vederlo come colui che ci spoglia ci deruba, ci toglie il lavoro, il pane, il futuro, la terra.
E donaci di dimorare nel tuo Desiderio.. che ardentemente hai desiderato condividere con noi. (L.22,15)
Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. (Giov. 15,12)
Agnese Mariangela Mascetti
Preghiamo:
Signore, tu sei l’infinito Amore.
Dacci un cuore puro, per poterti vedere,
dacci un cuore umile, per poterti udire,
dacci un cuore d’amore per poterti servire,
dacci un cuore di fede
che ci faccia dimorare in Te.
Dag Hammarskjold (1905-1961)
Segretario generale dell’ONU