di Nicola Schiavone
Arriva un altro Natale e, istintivamente, siamo portati a fermarci, per guardare la realtà intorno a noi. Vediamo una realtà sempre più complessa, confusione e incertezza in tutte le situazioni, mancanza di bussole, che diano orientamento.
Vediamo la crisi del clima, con i drammi, che sta provocando; vediamo la pandemia, che continua a sconvolgere le nostre vite. Vediamo i barconi dei disperati, che approdano sulle coste italiane. Vediamo i muri di filo spinato, le tragedie afgane e le disparità crescenti nel mondo. E, più vicino a noi, vediamo la precarietà del lavoro, i giovani senza futuro, gli anziani sempre più soli, il disagio nascosto dietro tante violenze.
Se approfondiamo lo sguardo, riusciamo a vedere che la crisi del clima e la crisi del covid sono stati un segnale: il segnale che occorre invertire la rotta o il nostro vascello andrà a sbattere contro gli scogli. Un esempio di questi giorni: la parte povera e non protetta del mondo continua ad esportare mutazioni del virus nella parte ricca del globo. Le disparità tra gli uomini e tra i popoli portano sempre a un effetto boomerang e il disagio di chi sta indietro tocca sempre chi sta più avanti.
Se guardiamo più a fondo, riusciamo a vedere che la radice di questi disastri è il modello sociale, che abbiamo creato. E a riconoscere che, alla base di questo modello, vi è un paradigma o un sistema mentale, ormai invasivo e considerato immutabile: arrivare sempre più in alto, avere sempre più potere, possedere sempre di più; ricavare il massimo dalla natura, sgomitare con gli altri per affermare se stesso, dare spazio ad ogni forma di egolatria. Un paradigma, che si è tradotto in sistemi economici e forme politiche, in atteggiamenti culturali e sociali. Coi risultati che vediamo.
Natale, invece, ci dà una prospettiva radicalmente diversa: al posto del “salire, dominare, prendere”, ci indica tutto un altro modo di abitare la terra: “lo scendere, il servire, il donare” (E.Ronchi). Dare il primo posto agli ultimi, mettere a disposizione i propri talenti, usare le cose per creare relazioni e condivisione. I miei interessi, le mie libertà, i miei diritti sono subordinati a un più alto benessere collettivo. Orizzonti ideali e comportamenti, fecondi di vita e di futuro. Natale spinge, per forza, a una conversione ecologica, a una conversione sociale e a una conversione etica.
Se poi acuiamo lo sguardo, riusciamo a vedere che un vento nuovo sta cominciando a soffiare nel mondo. A vedere i tanti piccoli segni di un’inversione di rotta: le masse dei giovani, in lotta per il cambiamento climatico; gli appelli forti di pensatori, scrittori, scienziati, premi Nobel, per tre urgenze impellenti: il clima, un’equa distribuzione della ricchezza e una nuova idea di benessere; e poi tanti gruppi, movimenti, comunità e singoli eroi sconosciuti, che, lontano dai clamori dei social, resistono alla omologazione imperante e operano già in queste tre dimensioni.
Natale è, allora, assecondare questo vento nuovo che soffia. È credere che, pur tra tanti ostacoli, lo spirito di sopravvivenza avrà sempre la meglio su ogni stortura. È credere che l’umanità ha in sé le risorse, per invertire la rotta. È credere che una forza di vita spinge a rinascere sempre.
Natale è avvertire che, dietro i nostri bisogni (della salute, dell’amicizia ecc.), si nasconde un desiderio e una sete di vita più grande. Natale è portare alla luce i nostri desideri profondi.
Natale è, alla fine, arrivare a scoprire che il Dna del cielo è penetrato nel nostro Dna di terra, è penetrato nel mio Dna di terra, è penetrato nel tuo Dna di terra: e siamo diventati liberi.
È il mio Natale. È il tuo Natale. È il nostro Natale.
Natale 2021 – Nicola