
di Nicola Schiavone
“Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha
dato ma lo resusciti nell’ultimo giorno” (Gv. 6,39).
Queste parole contengono l’essenza più profonda della buona notizia del Vangelo. Se tutto il
Vangelo è l’autocomunicazione di Dio all’uomo, il culmine di questa rivelazione è la resurrezione di Gesù. Se tutto il Vangelo è un messaggio di liberazione da ogni forma di schiavitù (la sofferenza, l’emarginazione, l’egoismo, l’avidità ecc), la resurrezione è la liberazione dalla schiavitù più grande: la paura della morte. “Cristo è venuto a liberare quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù, per tutta la vita” (Eb.2,15). E non è forse questa la schiavitù più grande, che opprime il nostro animo, e che si cerca, in mille modi, di rimuovere e di esorcizzare? Schiavitù, che sta alla radice di tanti attaccamenti, bisogni di sicurezze, egocentrismi, brame di potere, di dominio ecc.
La resurrezione di Gesù è il più grande atto di amore fatto all’umanità. E’ la vittoria della vita sulla morte, del bene sul male, dell’amore sull’odio. La morte acquista un senso nuovo: non è la fine della vita ma è “finis vitae” che, in latino, vuol dire il confine, il limite della vita: una soglia, attraverso cui si passa, per entrare in una vita nuova. A questo riguardo, Alberto Maggi dice: “La vita eterna di cui parla Gesù è la vita piena, che nemmeno la morte può bloccare. Con l’esempio del chicco di grano che, quando muore, produce molto frutto, Gesù vuol dire che, con la morte, l’uomo libererà tutte quelle potenzialità che, nell’arco breve della sua esistenza, non ha potuto manifestare”.
Sono parole forti; ma non è facile parlare di resurrezione, perchè, oggi, viviamo in una vera
“dittatura del presente”, generata dal pragmatismo tecnologico, che ormai pervade le nostre menti.
Abbiamo riconvertito la logica del desiderio in quella del bisogno, cercando di saziare un bisogno infinito con oggetti finiti; l’uomo viene ridotto a una dimensione mercantilistica e utilitaristica (visto solo come produttore di profitto e consumatore) e, così, privato di dimensioni vitali e preziose.
Eppure, tutti sperimentiamo che essere umani significa essere, in qualche modo, “mancanti, carenti” (M.Heidegger) e questo non ci lascia essere appagati da quanto il mondo propone.
La resurrezione di Cristo ci aiuta a dilatare il nostro sguardo: essa è il traguardo finale che, come un faro, illumina il percorso che stiamo facendo.
La luce della resurrezione ci fa vedere meglio la nostra storia personale e la nostra storia collettiva.
Ci offre la mano per affrontare le difficoltà della vita, sapendo che esiste una nuova possibilità di
vita. Ci libera dall’angoscia: la tomba vuota non è solo il trionfo della vita sulla morte; significa
che, in ogni situazione e nelle prove più aspre, la luce può penetrare nel buio.
La luce della resurrezione svela anche tutto ciò che si oppone al trionfo della vita e fa risaltare tutte le contraddizioni e le alienazioni, che ci opprimono. Diventa uno strumento di libertà, perchè suscita e stimola la nostra resistenza contro la disumanizzazione dell’uomo, a cui conduce l’attuale egemonia del sistema tecnocratico ed economico-finanziario. Le iniquità globali, la violenza sull’ecosistema ed, ora, anche la corsa agli armamenti sono un percorso di distruzione: l’antitesi totale ed assoluta della resurrezione, che è il trionfo della vita.
Perciò, la resurrezione non riguarda solo il futuro ma innanzitutto il nostro presente.
La vita risorta, qui, nella nostra vita concreta, trova la sua espressione più alta nelle Beatitudini.
Beati i poveri per lo Spirito (perchè rinunciano ad arricchirsi o condividono ciò che hanno); Beati i
miti (perchè vivono relazioni di tenerezza con gli altri); Beati i misericordiosi (perchè si prendono
cura degli altri); Beati coloro che soffrono (perchè scoprono una forza interiore che li sostiene);
Beati gli operatori di pace (perchè lavorano per la non violenza e per l’uguaglianza).
Le Beatitudini sono tutte un segno di resurrezione nella storia, perchè sono un anticipo del regno.
Esprimono la libertà interiore di quell’ uomo nuovo, verso cui siamo incamminati. Ci rivelano che
ogni gesto di amicizia, di perdono, di umiltà, di gratuità, di servizio, di condivisione, di giustizia è
l’anello di congiunzione e il punto di incontro tra l’eterno e il contingente, tra l’invisibile e il visibile,
tra l’infinito e il finito: perchè l’amore è sostanza “divina”, che penetra nella nostra quotidianità.
La resurrezione ci libera da attaccamenti, angosce, timori e da tutti gli altri pesi, che ci opprimono, e ci dà la leggerezza e lo slancio per comunicare “vita”, in ogni situazione della nostra esistenza.
Per questo, ci ha regalato il dono più grande: la libertà. Accogliere questa libertà è la nostra Pasqua.
Pasqua 2025 Nicola Schiavone