Il senso profondo e bello dell’amicizia
la convinzione di don Mario nasce dal vangelo: «non vi ho chiamati servi ma amici»
di Lorenzo Tomaselli
Gesù ha annunciato il Regno, ma è arrivata la Chiesa», così si esprimeva Alfred Loisy, il celebre biblista francese, nella sua opera Le origini del cristianesimo (Ghibli, Milano 2019) e a causa di questo suo pensiero fu scomunicato durante la feroce repressione modernista del XX secolo.
Oggi questa frase, tra l’altro di assoluto buon senso secondo i dati evangelici in nostro possesso, non dovrebbe creare scandalo perché non fa altro che esprimere in forma sintetica quello che l’esegesi più seria e documentata oggi può affermare senza timore di scomuniche: «Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”» (Mc 1, 14-15). Cioè, Gesù di Nazareth non ha mai pensato di fondare una religione, un’altra da aggiungere a quella ebraica nella quale era nato ed era stato educato, ma ha speso tutta la sua vita nell’annunciare il Regno di Dio (o Regno dei cieli), che rappresenta l’alternativa alla società ingiusta e che annuncia la speranza di una vita nuova, con due punti qualificanti: la conversione (metánoia) personale (aspetto individuale) e il cambiamento dei rapporti umani (aspetto sociale).
Per realizzare questo cambiamento, Gesù invita a fare un esodo: dalla religione (quello che facciamo per Dio) alla fede (quello che facciamo con e come Dio per il bene dell’altro). Per Gesù Dio, che lui chiama Padre, non è da cercare fuori dell’uomo, ma da accogliere nella vita di ogni uomo, per cui il credente non è colui che obbedisce a Dio seguendo un codice esterno a lui (la Legge), ma colui che pratica verso gli altri un amore simile a quello del Padre.
Come si vede, quella di Gesù è stata una religiosità alternativa, che ha tolto Dio dal tempio e lo ha inserito nelle relazioni umane. L’aspetto centrale della vita di Gesù non è stato l’elemento religioso e la religiosità, ma l’umano e l’umanità: in questo modo Gesù ha spostato il centro della religiosità, che «non sta più nel sacro ma nell’umano». Come leggiamo nei vangeli, l’attività di Gesù tra la gente ha avuto tre obiettivi: la cura della salute (gli ammalati); il cibo per la gente (il cibo condiviso); l’amore tra gli uomini (le migliori relazioni umane). Per questo, se un senso ha la Chiesa, ce l’ha solo nell’essere a servizio di questo progetto di vita: se la Chiesa non serve disinteressatamente il bene dell’uomo, non serve a nulla (mons. Jacques Gaillot).
Nella mia vita ho avuto la fortuna e la gioia di incontrare singoli e comunità che hanno incarnato e ancora incarnano il progetto del Padre che si è manifestato in Gesù di Nazareth (cf. Gv 1,14a). L’elenco sarebbe troppo lungo, ma a riguardo mi piace ricordare la lucida intuizione del padre Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta, che nel suo geniale testo Gli operai del Vangelo (Giuseppe Vozza Editore, Caserta 2022, p. 8) così li definisce: «sono coloro che sanno di aver ricevuto tutto dal Padre e donano ai fratelli tutto quello che hanno ricevuto. Così creano nel mondo dei fratelli e delle sorelle quella corrispondenza di vita e d’amore che c’è tra il Figlio ed il Padre».
Questo costituisce la ripresa di quanto gli Atti degli Apostoli (12, 11-17) ci raccontano dell’apostolo Pietro dopo la sua liberazione dal carcere. Si trova a Gerusalemme, dove ci sono due comunità. Una fa capo agli apostoli ed è legata ancora alla legge di Mosè, è legata ancora alla circoncisione e finora non ha sofferto nessuna persecuzione, perché, nel mondo ebraico, non si vede in loro nessuna novità. L’altra è la comunità dove ci sono i profeti, è presieduta dall’amore, da Maria la madre; è centrata sul Vangelo, nella figura di Marco; si manifesta nel servizio (la serva Rode).
Ebbene, Pietro non si reca presso la comunità istituzionale, governata da Giacomo, fratello del Signore, ma presso la comunità di base, nella quale ci sono la forza del Vangelo (Marco), il suo dinamismo d’amore (Maria) che si traduce in servizio disinteressato all’uomo (Rode).
Come afferma p. Nogaro, oggi più che mai, in una società secolarizzata si ha bisogno di «quelli della via» (At 9,2), uomini e donne che possono entrare in ogni ambiente di vita e annunciare che Gesù è la verità dell’uomo. Concludo ricordando un fedele testimone del Vangelo che ho avuto la gioia di conoscere e frequentare, mons. Jacques Gaillot, vescovo di Partenia, anche lui tra «quelli della via», che ha speso tutta la sua esistenza nella lotta in nome del vangelo per la giustizia, per la libertà e la dignità dell’uomo.
Questa è, a mio parere, la strada che lo Spirito oggi ci indica e che papa Francesco ha genialmente tradotto nella formula di una Chiesa «ospedale da campo», una Chiesa il cui unico compito è quello di servire l’uomo, di comunicargli l’Amore del Padre, un amore impregnato di tenerezza.
LORENZO TOMMASELLI, laureato in Lettere classiche, insegna le medesime materie presso il liceo Alfonso M. De’ Liguori di Acerra. È stato docente invitato di latino e greco presso la Facoltà teologica dell’Italia Meridionale, sezione san Luigi. Ha tradotto e curato le pubblicazioni in italiano di Jacques Gaillot e José M. Castillo.