Il senso profondo e bello dell’amicizia
la convinzione di don Mario nasce dal vangelo: «non vi ho chiamati servi ma amici»
mons. Nunzio Galantino da Il Sole 24 ore
Ognuno di noi ha quanto gli serve per sperimentare la gioia. Non è un problema di conoscenza, è un problema di sguardo. Di guardare a quel che siamo e a quanto ci circonda con cuore grato, capaci di percepire il dono che ci abita. Se accostiamo l’orecchio alla vastità della nostra vita, essa canta! (J. T. Mendonça).
Le difficili condizioni nelle quali viviamo rendono sempre più raro sentire una persona esprimere gratitudine. Forse lo è di meno tra i bambini, mentre tra gli adulti è più difficile trovare quel “sentimento di profonda riconoscenza” che, in realtà, è qualcosa di più intimo e profondo della riconoscenza. La gratitudine scaturisce di solito dalla memoria di un cuore toccato da meraviglia grande per un bene ricevuto, e si accompagna sempre a una profonda felicità. «La gioia è la forma più semplice di gratitudine», affermava il teologo protestante Karl Barth. Ne è capace solo chi è umile, chi sa che la propria vita è inscindibilmente legata a quella degli altri. «La gratitudine è la ricchezza timida di chi non possiede nulla» (E. Dickinson), o meglio di chi, secondo la poetessa, scopre di essere oggetto di un amore immeritato, mai dovuto, sempre donato. Ed è anche la timida ricchezza di chi desidera contraccambiare un dono così bello e gratuito.
La gratitudine è segno di grandezza da parte di chi impara a guardare alla realtà e all’altro con uno sguardo profondo, aperto, accogliente, pieno di speranza. Cicerone affermava che «la gratitudine è non solo la più grande delle virtù, ma la madre di tutte le altre», perché da essa dipende la possibilità di cambiare il modo di agire nel mondo insieme agli altri. Alcune ricerche condotte in ambito psicologico approdano a tessere l’elogio della gratitudine, a mostrarne il potere di aumentare la felicità, dal momento che la stessa, se esercitata, è in grado di sviluppare un senso di fiducia nella vita, di ampliare la stima nei confronti di se stessi e di valorizzare gli altri. L’articolata etimologia della parola “gratitudine” aiuta a coglierne la ricchezza ma anche la fatica richiesta a chi intende coltivarla: dal sanscrito gûrt-a = piacevole, benvenuto; dal greco char-tós = piacevole, giocondo e dal tardo latino gratitudo-nis, derivato di gratus = grato. “Praticare” la gratitudine è la strada certa per imparare a riconoscere quotidianamente, pur in mezzo alle avversità, le piccole cose di cui essere grati.
MONS. NUNZIO GALANTINO, presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede dal 2018 all’ottobre 2023 per nomina papale (ora presidente emerito), già segretario generale della CEI, è noto al grande pubblico per i suoi libri e per le rubriche «Testimonianze dai confini» e «Abitare le parole» che tiene su Il Sole 24 Ore, dalla seconda delle quali è tratto il testo che pubblichiamo.