Nuovo umanesimo cristiano – Papa Francesco
Una continua conversione a ciò che è veramente vita, ricominciando sempre
Nel saggio La mente inquieta, Cacciari presenta l’Umanesimo come un progetto culturale ampio in cui l’attenzione al passato è complementare alla riflessione sul futuro, mondano e ultramondano.
Secondo Cacciari, l’Umanesimo è «età di crisi, età assiale, in cui il pensiero si fa cosciente della fine di un Ordine e del compito di definirne un altro».
Richiamarsi all’Umanesimo, e proporre un nuovo umanesimo, vuol dire collocare al centro l’uomo che nel nostro tempo si sente soffocato, annichilito dalla complessità del sistema in cui vive, e prova la necessità di ribellarsi e di giustificare una rivolta analoga a quella dell’Umanesimo storico.
Accanto a questa visione laica appena accennata, ciò che desideriamo presentare, con alcuni brani selezionati, è la visione cristiana di un “nuovo umanesimo”, come lo immagina e interpreta l’insegnamento e il magistero di papa Francesco.
Il “nuovo umanesimo” dovrà essere una continua conversione, una metanoia (cambiamento della mente e del cuore), non a dottrine fisse, ma a ciò che è davvero vita (zoé), al di là del semplice vivere biologico (bìos). E bisognerà che ciò avvenga in forme nuove rispetto al passato, senza attestarsi in modo definitivo ma ricominciando e rinascendo continuamente. E senza la presunzione di essere diversi, contro o senza gli altri, ma come presenza profetica e testimonianza di vita.
«La carità, che ci è testimoniata dalla generosità di tanta gente, è il nostro modo di vivere e di interpretare la vita: in forza di questo dinamismo, il Vangelo continuerà a diffondersi per attrazione.
Più in generale, le difficili situazioni vissute da tanti nostri contemporanei, vi trovino attenti e partecipi, pronto a ridiscutere un modello di sviluppo che sfrutta il creato, sacrifica le persone sull’altare del profitto e crea nuove forme di emarginazione e di esclusione. Il bisogno di un nuovo umanesimo è gridato da una società priva di speranza, scossa in tante sue certezze fondamentali, impoverita da una crisi che, più che economica, è culturale, morale e spirituale».
(Dal discorso alla 66° Assemblea generale della CEI, Roma, 19 maggio 2014) «Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo.
È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo. Il volto è l’immagine della sua trascendenza. È il misericordiae vultus.
Lasciamoci guardare da Lui.
Gesù è il nostro umanesimo.
Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). […] Se non ci abbassiamo non potremo vedere il suo volto. Non vedremo nulla della sua pienezza se non accettiamo che Dio si è svuotato. E quindi non capiremo nulla dell’umanesimo cristiano e le nostre parole saranno belle, colte, raffinate, ma non saranno parole di fede.
Saranno parole che risuonano a vuoto.
Non voglio qui disegnare in astratto un «nuovo umanesimo», una certa idea dell’uomo, ma presentare con semplicità alcuni tratti dell’umanesimo cristiano che è quello dei «sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). Essi non sono astratte sensazioni provvisorie dell’animo, ma rappresentano la calda forza interiore che ci rende capaci di vivere e di prendere decisioni. Quali sono questi sentimenti? Il primo sentimento è l’umiltà. […] Un altro sentimento di Gesù che dà forma all’umanesimo cristiano è il disinteresse. […] L’umanità del cristiano è sempre in uscita. Non è narcisistica, autoreferenziale.
[…] Il nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare. La nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo Spirito Santo. […] Un ulteriore sentimento di Cristo Gesù è quello della beatitudine. Il cristiano è un beato, ha in sé la gioia del Vangelo. Nelle beatitudini il Signore ci indica il cammino. […] Non esiste umanesimo autentico che non contempli l’amore come vincolo tra gli esseri umani, sia esso di natura interpersonale, intima, sociale, politica o intellettuale.Su questo si fonda la necessità del dialogo e dell’incontro per costruire insieme con gli altri la società civile. Noi sappiamo che la migliore risposta alla conflittualità dell’essere umano del celebre homo homini lupus di Thomas Hobbes è l’«Ecce homo» di Gesù che non recrimina, ma accoglie e, pagando di persona, salva».
(Dal V Convegno nazionale della CEI, Firenze, 10 novembre 2015) «Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vane nostalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede, sogno un nuovo umanesimo europeo, «un costante cammino di umanizzazione», cui servono «memoria, coraggio, sana e umana utopia». Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. Sogno un’Europa che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo.
Sogno un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto. Sogno un’Europa, in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Sogno un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile. Sogno un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni.
Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia».
(Discorso al conferimento del Premio Carlo Magno, Roma, 6 maggio 2016) «È necessario costruire un “villaggio dell’educazione” dove, nella diversità, si condivida l’impegno di generare una rete di relazioni umane e aperte. […] Invito ciascuno ad essere protagonista di questa alleanza, facendosi carico di un impegno personale e comunitario per coltivare insieme il sogno di un umanesimo solidale, rispondente alle attese dell’uomo e al disegno di Dio».
(Messaggio per il lancio del patto educativo, Roma, 12 settembre 2019) «È fondamentale cambiare il modo di vedere e raccontare la migrazione: si tratta di mettere al centro le persone, i volti, le storie. Ecco allora l’importanza di progetti che cercano di proporre approcci diversi, ispirati dalla cultura dell’incontro, che costituisce il cammino verso un nuovo umanesimo. E quando dico “nuovo umanesimo” non lo intendo solo come filosofia di vita, ma anche come una spiritualità, come uno stile di comportamento».
(Discorso ai partecipanti al progetto Snapshots from the borders – Voci ed esperienze dai confini, guidati dal sindaco di Lampedusa, Roma, 10 settembre 2020)