tratto dal volume “Da Adamo ad Abramo o l’errare dell’uomo – Lettura narrativa e antropologica della genesi” di Andrè Wènin
Dopo la sua risposta, Dio sembra troncare la conversazione, come se non volesse più lasciare ad Abramo la possibilità di prolungarla. Ma ponendo così termine al loro dialogo e lasciandolo, apre al tempo stesso uno spazio perché l’uomo decida liberamente di fronte alla proposta di alleanza, a proposito della quale sa quale potrebbe esserne il frutto.
22 E finì di parlare con lui e Dio salì da presso Abramo.
23 E Abramo prese Ismaele suo figlio e tutti i generati della sua casa e ogni acquisto del suo denaro, ogni maschio negli uomini della casa di Abramo, e circoncise la carne del loro prepuzio in questo stesso giorno, come Dio (ne) aveva parlato con lui.
24 E Abramo aveva novantanove anni quando gli fu circoncisa la carne del suo prepuzio.
25 E Ismaele suo figlio aveva tredici anni, quando fu circonciso alla carne del suo prepuzio.
26 ln questo stesso giorno, Abramo fu circonciso e Ismaele suo figlio,
27 e tutti gli uomini della sua casa, generato di casa e acquisto di denaro fra i figli di straniero, furono circoncisi con lui.
Rispetto alla prima reazione divisa fra prosternazione e riso, sottomissione e scetticismo, incredulità e speranza, la seconda risposta di Abramo non è equivoca. È una risposta in atto. Del resto, il breve racconto che ne viene fatto sottolinea quanto l’obbedienza sia totale. Lo attestano la ripresa di molti termini dell’ordine divino,62 che sottolinea che Abramo esegue punto per punto ciò che gli è stato ordinato, nonché la ripetizione del racconto dei vv. 23-25 ai vv. 26-27, che costringe il lettore a prendere coscienza della realtà del fatto. Anche vari indizi inducono a pensare che la reazione segua immediatamente la partenza di Dio. La concatenazione è effettuata mediante una forma verbale che marca la successione narrativa; nell’espressione «come Dio aveva parlato con lui», la congiunzione ka’ašer registra sia la rapidità dell’azione sia la conformità con ciò che è stato chiesto; infine, due volte risuona l’espressione caratteristica «in questo stesso giorno» (letteralmente: «nell’osso di questo giorno», be’eșsem hayyôm hazzeh).
Questa espressione non è frequente nella Torah. È usata in Gen 7,13 per l’ingresso di Noè, l’uomo integro, nell’arca. In Es 12,17.41.51 sottolinea tre volte il giorno della celebrazione della Pasqua e dell’uscita dall’Egitto, cosa che sarà ricordata nuovamente in Lv 23,14.21.28-30. In Dt 32,48 si tratta del giorno della morte di Mosè. In questi testi, l’espressione sottolinea dei giorni di passaggio, che suppongono da parte dei personaggi umani un abbandonare ciò che avevano o ciò che erano. Qui l’uso di questa espressione tende a fare della circoncisione un avvenimento decisivo, un rito di passaggio, come la Pasqua in Esodo 12, come anche l ‘inizio del diluvio in Genesi 7 o la morte di Mosè in Deuteronomio 32. Essa sottolinea che questo rito inaugura qualcosa di nuovo, ovviamente per lo stesso patriarca, ma anche per il suo clan, poiché consacra la sua messa a parte.
Al centro di questo quadro, al quale le ripetizioni conferiscono una solennità che evoca quella del rito celebrato, la narrazione si sofferma sulla circoncisione di Abramo e di suo figlio, in due frasi leggermente diverse. Per il primo, noterei questo: dopo una frase in cui Abramo è soggetto del verbo circoncidere («circoncise la carne del loro prepuzio», v. 23), ci si aspetterebbe che il racconto continuasse dicendo «… circoncise la carne del suo prepuzio». Ma nel v. 24 la formulazione è diversa. Nell’espressione usata, «fu circoncisa per lui la carne del suo prepuzio», il patriarca viene presentato come il beneficiario di un rito compiuto su di lui. Non è quindi l’attore della propria circoncisione, ma piuttosto colui che, lasciandosi fare, vi acconsente. Darsi personalmente il segno della mancanza non sarebbe affermare che se ne è padroni? Ma allora sarebbe ancora una mancanza? Riguardo alla circoncisione di Ismaele, la narrazione registra l’età del ragazzo, parallelamente a ciò che ha fatto per Abramo. È probabilmente un modo per sottolineare che padre e figlio sono circoncisi allo stesso tempo, per cui, anche se l’alleanza dovrà passare attraverso Isacco, lo stesso Ismaele vi è immediatamente e pienamente associato.
Qual è il significato essenziale dell’atto che Abramo compie conformemente agli ordini di Dio e al termine di un incontro decisivo con lui? Anzitutto, egli manifesta in realtà di accettare la proposta che Dio gli ha fatto, e si impegna senza indugio nell’alleanza proposta. Così facendo, apre la porta al compimento delle promesse di benedizione e di discendenza numerosa che Dio ha ripetuto ancora una volta precisandole. Inoltre, acconsente a lasciarsi «rivoltare» da colui che, modificando il suo nome, lo separa da suo padre e lo volge verso l’avvenire. Egli adotta YHWH-El-Sadday come Dio, accettando di diventare «integro» e di camminare alla sua presenza, una scelta che si concretizza nell’assenso alla mancanza, il cui segno si inscrive nella sua carne, e quindi anche a un’identità singolare, che lo conferma nella differenza di eletto che ha assunto all’inizio della sua avventura. Fa suo un modo di essere che consiste nel volersi diverso non essendo tutto, nel rinunciare al possesso e al dominio sull’altro. Questo dovrebbe trasformare la sua relazione con Sara, riconosciuta d’ora in poi come una principessa che non gli appartiene, i rapporti all’interno del suo gruppo, ormai segnato da un’uguaglianza di fondo di tutti davanti a Dio, infine le sue relazioni con gli altri, nella sua singolarità di portatore di una benedizione che lo colma e lo attraversa.
Un tale cambiamento, al quale Abramo acconsente in linea di principio quando accetta la circoncisione, potrebbe essere tanto liberatore quanto è radicale. Ma la brusca fine del racconto non permette di verificare che il cambiamento significato dal rito è effettivamente avvenuto. Accettare un rito non è ancora realizzare ciò che significa. Nonostante il significativo passo avanti, la suspense resta intatta.