Riflettendo sulle cause delle nostre crisi, vi propongo una domanda: che cosa muove i nostri comportamenti? Qual è il motore che spinge le nostre azioni? La risposta ovvia è: la volontà. In realtà essa è l’esecutore di una motivazione. Allora quali sono le motivazioni principali, più o meno consapevoli, del nostro comportamento? Se dedicassimo tempo ad osservare i nostri comportamenti, scopriremmo che le risposte possono essere due: possiamo agire spinti dagli impulsi che ci portiamo dentro oppure possiamo agire lasciandoci attrarre dal desiderio più profondo che ci anima.
La prima modalità segue un certo automatismo che ci porta inconsapevolmente a dare sempre le stesse risposte agli stimoli che riceviamo. Sono risposte che possono sembrare senza senso ma che hanno l’obiettivo di mantenere in equilibrio il nostro mondo interiore. Qualche volta possono essere camuffate da idealità forti: l’amore per il prossimo, la volontà di Dio, il bene sociale. Nelle relazioni con gli altri, ad esempio, spesso noi siamo convinti che le nostre azioni e i nostri atteggiamenti siano condizionati da ciò che l’altro ci dice o ci chiede, ma se esaminiamo più attentamente tutte le nostre risposte, mettendole insieme, scopriamo che in esse c’è sempre qualcosa di costante e di nostro che si ripete. Ad esempio, se normalmente ci poniamo in un atteggiamento di difesa, o di aggressività, o di apparente indifferenza nei confronti degli altri significativi, e guardiamo retrospettivamente le nostre esperienze, possiamo scoprire qual è l’atteggiamento di fondo nelle nostre relazioni e le motivazioni dei nostri comportamenti.
Al di là di ogni giudizio, ci possono rivelare un auto automatismo inconsapevole che è importante capire: a chi ci rivolgiamo? perché poniamo in atto certi comportamenti? a quale bisogno rispondiamo?
La seconda modalità, più difficile e meno diffusa, è quella di un comportamento prevalentemente orientato a realizzare ciò che profondamente noi sentiamo e siamo. Per esempio nella scelta e nella ricerca del lavoro possiamo vivere una doppia esperienza: quella di dover soddisfare il bisogno urgente della sopravvivenza, e quella di cercare di realizzare la professione che portiamo nel nostro cuore e che potrebbe farci sentire realizzati. Naturalmente nel vivere quotidiano le cose non sono mai nettamente separate, ma c’è sempre un intreccio tra condizionamenti, ideali veri, valori, pseudo valori e bisogni profondi che noi chiamiamo “desiderio”. L’indicatore che ci dice che stiamo seguendo questa modalità è il senso di armonia, di profondo ben-essere, di serenità nei nostri panni. Il nostro impegno dovrà essere quello di imparare a riconoscere i comportamenti e le motivazioni che ci animano, per scoprire, attraverso un ascolto attento e un confronto con gli altri, quali sono i nostri punti deboli ma soprattutto quali sono le nostre risorse latenti che attendono di essere accolte.
don Mario