Tutte le volte che arrivo a Roma in treno e mi affaccio sul piazzale della stazione Termini, il mio occhio va al grande fabbricato che una volta era la sede del Collegio Massimo dei Gesuiti, oggi sede delle Belle Arti. Continuando il mio tragitto sulle strade di Roma, noto tanti altri complessi una volta appartenenti a grandi comunità religiose e oggi trasformati in alberghi, centri congressi o sedi universitarie. Roma, papalina, è piena di stemmi e di icone di un’antica e diffusa grandezza: tutti questi segni sono la fotografia di un “cristianesimo in frantumi”? È questo il titolo di un’intervista a Michel De Certeau, gesuita, autore preferito da papa Francesco, datata quarantuno anni fa. Ne riporto qualche breve citazione ripromettendomi di ritornarci in futuro sui nostri Quaderni. «L’istituzione cristiana si sgretola come una casa disabitata, i credenti la abbandonano fuggendo dalla finestra, i riutilizzatori entrano da tutte le porte. Il luogo è attraversato da movimenti di ogni tipo, viene utilizzato per ogni scopo. Non definisce più un senso e non è più l’indicativo sociale di una fede. […] Un’intera popolazione di simboli si sposta… militanti dei grandi movimenti cristiani lasciano le istituzioni ecclesiali che vanno crollando e trovano una nuova casa per la loro militanza in cause politiche, sociali e culturali… si sviluppa così un fenomeno più radicale: sempre più cristiani sono tanto meno praticanti quanto più sono credenti. La loro stessa fede li allontana dalla pratica sacramentale o liturgica». De Certeau dice ancora: «L’istituzione ecclesiale vira verso l’amministrazione. Non sono sorpreso ma resto scandalizzato nel vedere i discorsi ufficiali assai più occupati dei funzionari, dell’istituzione, dello statuto dei preti o del mantenimento dei principi tradizionali,… piuttosto che della questione di Dio e dei suoi percorsi segreti nell’esistenza».
La domanda che ci poniamo è: cos’è la fede oggi? Cos’è la carità? La radicalità evangelica non si articola più nelle strutture della chiesa. L’espressione delle convinzioni prende una nuova forma, quella dei piccoli gruppi, delle comunità in cui cresce il confronto e la relazione. In discussione non è Dio ma la chiesa. Importanti non sono le tradizioni ma la possibilità di offrire esperienze nuove, di cambiare, di vivere nuovi segni.
A questi interrogativi questo quaderno tenta di dare delle risposte. Quando leggerete queste note il processo della primavera che in questo momento si presenta con piccoli boccioli, con svolazzi di passeri in cerca di nido, sarà nel suo pieno compimento. Ci auguriamo che la metafora della primavera si possa applicare alla vita della chiesa per poter godere insieme questa meravigliosa trasformazione che ci parla di vita prorompente, che esce dai suoi angoli nascosti e diventa ricchezza di fiori e di frutti per tutti gli uomini di buona volontà. Come non rimanere spettatori estatici ma diventare partecipi della ricchezza di vita che ogni momento e in vari modi, nonostante le immancabili ombre, ci viene incontro in forma abbondante e totale? Sarà ancora primavera? A noi il compito di dare una risposta. La resurrezione come processo di vita nuova è un invito per tutti.
don Mario