La maestra segna errore al compito di matematica del bambino che ha ottenuto il risultato giusto seguendo un procedimento sbagliato. L’insegnante di italiano corregge gli errori di grammatica allo studente nigeriano che continua a confondere maschile e femminile, plurale e singolare. Il nonno insegna a usare correttamente il congiuntivo, riparando gli errori di linguaggio del nipote.
Fino a quando parliamo di grammatica e di matematica, è relativamente facile riconoscere l’errore e giusto il tentativo di correggerlo.
Si può discutere sul metodo con cui rilevare l’errore, sulla sanzione o sull’incoraggiamento che può essere dato perché, chi lo commette, impari a correggerlo. Ma è difficile sostenere che chi si esprime in modo sgrammaticato, chi stampa volantini con errori ortografici, chi sbaglia il conto della spesa, sia nel giusto.
E anche in altri campi, come ad esempio nelle discipline sportive, la premessa per ottenere buoni risultati è quella di esercitarsi correttamente, per evitare gli errori che rallentano le esecuzioni. Pure nella musica e nel canto le stonature sono errori che impoveriscono l’esibizione, dando prova di poca attitudine e scarsa esercitazione.
Per non parlare degli errori, a volte difficili da perdonare, nelle relazioni umane: non solo dimenticare una data importante o una commissione che era stata tanto raccomandata, ma tradire la fiducia di un figlio, di un amico, del partner, o agire egoisticamente senza tenere conto delle intenzioni dell’altro. E poi ci sono gli errori che presentano il conto a chi li commette: gli scatti d’ira, le parole violente o irrispettose, le decisioni avventate, le distrazioni che costano care.
Dunque gli errori non sono virtù. Se la vita religiosa, nel corso dei secoli, ha proposto ai suoi adepti il cammino della “perfezione”, vuol dire che aveva riconosciuto che ci sono molti errori in cui è facile cadere, le cui conseguenze sono più o meno gravi. E aveva cercato un modo per porvi rimedio. Soltanto che, paradossalmente, forse, lo aveva cercato nel modo sbagliato.
Tutte le scienze e soprattutto i grandi scienziati di ogni disciplina, insegnano che è dal riconoscimento dell’errore che possono nascere grandi scoperte. Non dal commettere un errore, né dallo sforzarsi di evitarlo, ma dall’accorgersi che c’è un errore.
Lo scienziato è colui che indaga, che non si accontenta dell’evidenza ma la vuole dimostrare, che preferisce trovare un’incongruenza a una conferma del già noto, che si sporge verso l’ignoto consapevole che – oltre i confini del noto – ci sono le risposte agli errori già noti. E ci sono molte domande nuove che oggi neppure sono in grado di formulare.
Lo stesso viaggio, nell’ignoto di se stessi, è quello che intraprende colui che si avventura nella conoscenza di sé: non finirà mai di scoprire e riconoscere i propri errori, ma potrà imparare ad accoglierli con lo stupore e la fiducia di uno scienziato che non perde mai la speranza di trovare una spiegazione e una soluzione a ciò che lo interroga e lo inquieta.