Un anno esatto prima del Covid – il 4 febbraio 2019 – papa Francesco e il grande imam Ahmad Al-Tayyeb firmavano ad Abu Dhabi il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Pochi mesi dopo nasceva l’Alto Comitato per la fratellanza umana, con l’intento di rendere operativo il documento firmato, composto da leader religiosi, studiosi ed esponenti della cultura di tutto il mondo, appartenenti al mondo cristiano, musulmano ed ebraico, che si dedicano a promuovere gli ideali di pace e rispetto reciproco espressi nel Documento. Il 21 dicembre 2020 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite dichiarava all’unanimità il 4 febbraio Giornata internazionale della fratellanza umana. È stato istituito anche il premio Zayed per la Fratellanza umana, che il 4 febbraio 2021 è stato assegnato a Latifa Ibn Ziaten e Antonio Guterres. Latifa, originaria del Marocco ma residente in Francia dal 1977, 61 anni e madre di cinque figli, è la fondatrice dell’Associazione Imad per la gioventù e la pace. Nel 2012 l’assassinio di uno dei suoi figli, paracadutista nell’esercito francese, la spinse a cercare l’autore dell’omicidio per capire i motivi del suo gesto. Antonio Guterres, portoghese, Segretario Generale dell’Onu, è stato premiato perché nell’anno della pandemia ha più volte fatto appello a una «tregua globale in tutto il mondo per concentrarsi insieme sulla vera lotta: sconfiggere il Covid-19». Nel 2022 il Premio Zayed è stato assegnato alla Fondazione Fokal di Haiti e al re e alla regina di Giordania.
Nello scenario attuale, i valori promossi dal Documento dimostrano tutta la loro attualità. Lo conferma l’ex presidente colombiano Juan Manuel Santos, premio Nobel per la pace nel 2016 per aver negoziato la fine della guerriglia nel suo paese, secondo cui c’è un urgente bisogno di promuovere «l’empatia per capire e accettare coloro che consideriamo diversi, la compassione per mostrare solidarietà con i più deboli e ottenere più giustizia, e accettare che siamo tutti una razza, la razza umana, e viviamo tutti sulla stessa casa, il pianeta terra». Mentre l’attivista liberiana Leymah Gbowee (Nobel per la pace 2011) afferma che, dopo 13 anni di conflitto nel suo Paese, quando i negoziati tra le parti erano diventati sterili, è stato fondamentale «incoraggiare le donne cristiane e musulmane ad attuare azioni di protesta non violenta, incontri di preghiera e, soprattutto, a sedersi e a parlare. Quando non capisci perché fanno quello che fanno, devi cercare il dialogo per chiarirlo».