In greco «bambino che gioca» suona pàis pàizon, espressione che rileva la comune radice dei termini bambino e attività ludica.
Il gioco infatti appartiene innanzitutto al bambino: è la sua prima attività spontanea, che egli vive con grande coinvolgimento e serietà, e attraverso la quale incomincia a conoscere se stesso e ad entrare in relazione col mondo. Il gioco è un’attività motivata dall’interno, costituisce un mezzo attraverso il quale l’ambiente viene sperimentato e conosciuto, la realtà viene manipolata e trasformata.
I bambini giocano riproducendo il mondo del reale, il proprio vissuto e il suo ricordo, e al contempo sviluppano l’immaginazione e la capacità di simbolizzazione.
L’esperienza ludica viene considerata capace di rispondere e soddisfare i bisogni autentici dell’infanzia. Il gioco è per sua natura educante: è infatti attraverso di esso che il bambino impara a sperimentare il valore delle regole, a stare con gli altri, a gestire le proprie emozioni, a scoprire nuovi percorsi di autonomia e a sperimentare per tentativi ed errori le sue convinzioni sulle cose e sugli altri.
Il gioco è in stretta relazione anche con l’estetica e la creatività del pensiero. «Il sentimento del bello è il fondamento del gioco, l’arte nasce proprio da quel particolare stato di grazia, disinteressato e a-finalistico, sottratto all’influenza del sensibile, che è il gioco » (Friedrich Schiller, 1759-1805). Attraverso il gioco i bambini mostrano di essere in grado di andare oltre il mondo dell’esperienza colto con i sensi e di immaginare. Il gioco ha una natura fluida, sfuggente, libera e potente; l’immaginazione libera dai vincoli dello spazio e del tempo e proietta in un mondo in cui tutto è possibile.
Il gioco è anche l’asse, lo sfondo, sul quale si disegna la personalità; l’identità del bambino può costruirsi e consolidarsi. Per questo il gioco è campo privilegiato di osservazione in quanto, per la spontaneità che lo contraddistingue, costituisce un contesto valido nel quale è possibile osservare vari e diversi stili individuali nonché peculiarità attinenti ad ogni singolo bambino. Secondo Friedrich Froebel, il gioco riflette «il più alto grado dello sviluppo dello spirito umano. Il gioco costituisce il più alto grado di sviluppo del bambino, dello sviluppo dell’uomo in questo periodo, poiché è la rappresentazione libera e spontanea dell’interno […]. Il gioco è la manifestazione più pura e spirituale dell’uomo in questo periodo e insieme l’immagine e il modello della complessiva vita umana, dell’intima, segreta vita naturale nell’uomo e in tutte le cose. esso procura quindi gioia, libertà, contentezza, tranquillità in sé e fuori di sé […]. un bambino che gioca tranquillo, spontaneo, quieto, costante fino a stancarsi fisicamente, diventerà certo un uomo attivo, tranquillo, capace di creare con sacrificio il proprio bene e l’altrui […]. Il gioco non è semplice trastullo ma ha grave serietà e profondo significato».
(tratto da un articolo di Gaia Camilla Belvedere)