Tutti, anche i più semplici, sanno riconoscere una persona, un uomo. Un uomo è anzitutto un essere responsabile e autonomo: serietà di fronte agli impegni assunti, fedeltà alla parola data, capacità di fare
quanto promesso. E quando una persona dà prova di saper essere questo, merita l’elogio: è un uomo. Nella definizione di uomo entrano due componenti: l’autonomia e la responsabilità.
L’uomo responsabile del regno di Dio è l’uomo responsabile della salvezza del mondo.
Appartiene a quel “resto d’Israele”, alla piccola popolazione dell’Arca, al piccolo popolo della promessa che ha il grande compito di dirigere e orientare il mondo. La missione del responsabile del Regno non è quella di formare delle strutture parallele in polemica con le strutture sociali esistenti, quanto quella di comprenderle, animarle, promuoverle, elevarle.
La responsabilità di evangelizzare il mondo, cioè di annunziare la buona novella a un mondo in movimento, suppone un’attenzione costante, intelligente e amorosa a Dio che parla con la sua parola eterna e immutabile per la storia. La sua parola è annotata nella rivelazione scritta e deve farsi in me, evangelizzatore, spirito e vita, per entrare nella storia e divenire rivelazione completa.
Il responsabile del regno si trova di fronte tre problemi urgentissimi: pensare in dimensioni più vaste e profonde (in una parola più vere) la morale cattolica; pensare filosoficamente il valore della storia e definire il carattere di “obbligazione” che ne deriva; chiarire il metodo affinché i cristiani proseguano il cammino senza incertezze.
Il discorso delle beatitudini annunciato ai poveri di Israele non avrebbe la sua forza rivoluzionaria se Gesù non avesse seminato la speranza e l’audacia, il senso della dignità e della grandezza in quel terreno pieno di disperazione, di rinuncia rassegnata, di dolore che abbrutisce. Il messaggio della montagna è
universale perché non è limitato da comportamenti che avrebbero potuto spegnere la fame e la sete dell’uomo che Gesù esalta e spinge a una dignità altissima. Gesù parla a questa fame e a questa sete non per calmarle ma perché siano una delle grandi forze della storia. Ogni generazione deve riscoprire questa
fame e questa sete, questa povertà come forza attuale e viva della storia, come forza costruttrice del regno di Dio.
tratto da Arturo Paoli, Il difficile amore (Cittadella, Assisi 2008) pp. 9-20.