di Claudia Fanti in “www.adista.it” del 17 settembre 2021
Dopo il teologo belga Roger Lenaers, scomparso lo scorso 5 agosto, ci ha lasciato, all’età di 90 anni, anche il vescovo episcopaliano John Shelby Spong, un’altra delle figure più emblematiche del nuovo pensiero teologico legato al paradigma post-religionale e post-teistico. Se ne è andato nel sonno, dopo una vita da lui descritta come felice e piena d’amore e sempre accompagnata dalla speranza, anche dalla speranza della vita eterna.
Proprio a questo tema, del resto, aveva dedicato uno dei suoi libri, dal titolo, appunto, Vita eterna.
Una nuova visione (scritto nel 2009 e uscito in italiano nel 2017 per i tipi di Gabrielli Editori),
tentando di rispondere in maniera credibile a un interrogativo centrale non solo per la fede cristiana ma anche per la vita di ogni singolo essere umano: «Al di là della religione, al di là del teismo, al di là del cielo e dell’inferno, è ancora plausibile parlare di vita eterna»?
Sganciando definitivamente tale visione dai concetti di premio e castigo, e dunque invitando a condurre la propria esistenza sotto la spinta dell’amore anziché della paura, il teologo statunitense non aveva però rinunciato a credere alla possibilità che «la vita umana autocosciente» condivida «l’eternità di Dio e che – scriveva –, nella misura in cui sono in comunione con quella forza vitale in perpetua espansione, quella potenza d’amore che arricchisce la vita e quell’inesauribile Fondamento dell’essere, io vivrò, amerò e sarò parte di ciò che Dio è, non vincolato dalla mia mortalità ma dall’eternità di Dio». Una svolta dalla divinità sopra di noi a quella dentro di noi che, concludeva Spong, «non significa allontanarsi da Dio, come i paurosi grideranno; significa, e io ora lo credo, camminare in Dio».
Ma il suo impegno a «salvare il cristianesimo come forza per il futuro», rendendone il messaggio nuovamente rilevante e significativo per le donne e gli uomini contemporanei, era iniziato già molto tempo prima, e cioè da quando, attento ai numerosi segnali di declino evidenziati da ogni parte dalla religione cristiana, aveva compreso, «come vescovo e come cristiano impegnato», la necessità di trovare nella Chiesa il coraggio che la rendesse «capace di rinunciare a molti schemi del passato». Un impegno, il suo, tradottosi, alla vigilia del XXI secolo, in un libro diventato una pietra miliare in questo cammino di riflessione teologica: Why Christianity Must Change or Die (edito in Italia nel
2019 da Il pozzo di Giacobbe, con il titolo Perché il cristianesimo deve cambiare o morire),
successivamente ridotto a un manifesto in 12 tesi attaccato, «alla maniera di Lutero», all’ingresso principale della cappella del Mansfield College, all’Università di Oxford, e poi inviato per posta a tutti i leader cristiani del mondo: su Dio, Gesù, il peccato originale, la nascita verginale, i miracoli, la teologia dell’espiazione, la resurrezione, l’ascensione, l’etica, la preghiera, la vita dopo la morte, l’universalismo. Dodici tesi che Spong aveva ripreso, sviluppandole ulteriormente, nel suo ultimo libro, scritto all’età di 87 anni, uscito negli Stati Uniti nel 2018 e pubblicato in Italia grazie alla casa editrice Mimesis nel 2020, con il titolo Incredibile. Perché il credo delle Chiese cristiane non
convince più. Era stato, in realtà, il suo quinto “ultimo libro”, ciascuno nascosto “a sua insaputa”
«sotto il tappeto» del processo di elaborazione del precedente, ma a questo, il teologo, proprio adducendo ragioni di salute, aveva assicurato che non ne sarebbero seguiti altri.
Preceduto da opere importanti come, oltre a quelle già citate, Un cristianesimo nuovo per un mondo
nuovo, Gesù per i non religiosi , Il quarto Vangelo, Letteralismo biblico: eresia dei gentili, I peccati
della Bibbia (edite da Massari e sempre curate da Ferdinando Sudati, come tutti i libri di Spong
nel nostro Paese), il volume aveva offerto una sintesi conclusiva della sua coraggiosa rilettura postteista del cristianesimo, in direzione di una nuova espressione religiosa compatibile con le recenti acquisizioni scientifiche: senza dogmi, senza dottrina, senza gerarchie, senza la pretesa di possedere la verità assoluta.
Una visione del cristianesimo «così radicalmente riformulata da poter vivere in questo nuovo audace mondo» – come già scriveva in Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo – ma legata ancora all’esperienza che ha dato origine a questa fede-tradizione più di duemila anni fa. Non a caso l’autore si è sempre professato come un gioioso, appassionato, convinto credente nella realtà di Dio: «Credo che Dio sia reale e che io viva profondamente e significativamente in rapporto con questa divina realtà. Proclamo Gesù mio Signore. Credo che egli abbia mediato Dio in un modo poderoso e unico nella storia dell’umanità e in me». Tuttavia, aggiungeva nello stesso libro, «non definisco Dio come un essere soprannaturale. Non credo in una divinità che può aiutare una nazione a vincere una guerra, intervenire a curare la malattia di una persona cara, permettere a una particolare squadra sportiva di battere la sua avversaria».
Morte del teismo, non di Dio
Secondo Spong, il Dio inteso teisticamente come «un essere con potere soprannaturale» da supplicare, obbedire e compiacere starebbe sul punto di morire, se non è già morto, per quanto le autorità ecclesiastiche preferiscano continuare il gioco del “facciamo finta”. Tuttavia, precisava il teologo, la morte del teismo come descrizione umana di Dio non comporta affatto di per sé la morte di Dio. Non esige, cioè, la rinuncia alla speranza che «ci sia una realtà trascendente presente nel cuore stesso della vita» che sia possibile chiamare Dio e che «la sua presenza sia sperimentata come qualcosa che ci richiama oltre i nostri timorosi e fragili limiti umani». Né intacca la convinzione che questa realtà trascendente si sia rivelata nella vita di Gesù in modo così completo da permettere di vedere in lui il significato di Dio.
Questa speranza in Spong non è mai venuta meno: «Dio è la sorgente ultima della vita. Si venera Dio vivendo pienamente, condividendo profondamente ». E ancora: «Dio è la sorgente ultima dell’amore. Si adora questo Dio amando generosamente, diffondendo con levità amore, donando amore senza fermarsi a valutare il costo». E, infine: «Dio è l’Essere, e veneriamo questo Dio avendo il coraggio di essere tutto quello che possiamo essere», andando oltre «il modo di sopravvivere chiusi in se stessi». E dunque «Dio non è morto. Siamo veramente entrati in Dio. Siamo portatori di Dio, co-creatori, incarnazioni di ciò che Dio è».
Ma nel mondo post-teistico, secondo Spong, continuerà a esserci spazio anche per la Chiesa, anche dopo che il culto non avrà più lo scopo di confessare i nostri peccati a un “paterno giudice”, né di contare sul potere delle preghiere comunitarie per dirigere il corso della storia del mondo. Una Chiesa che si dedicherà all’espansione del Regno di Dio, operando con determinazione non per un programma religioso, ma per il programma della vita, della vita in abbondanza per tutti, non imponendo la propria verità a nessuno ma vivendo solo per accrescere l’amore.