di Nicola Colaianni su La Repubblica – Bari del 18.02.2024
Come un flashback, l’accenno di Marco (1, 12-15) alle “tentazioni” die Gesù nel deserto ci riporta al momento successivo alla sua elezione come “il figlio di Dio”, l’unico, secondo la visione che ebbe al battesimo, prima che iniziasse la sua vita di predicatore errante. Il deserto è il luogo del dubbio e del discernimento e Gesù vi si ritirerà più volte. Ma qui vi viene “sospinto dallo Spirito” per affrontare una prova decisiva, come Adamo. Il racconto, evidentemente non storico, è un insieme di citazioni scritturistiche: permanenza per quaranta giorni (come la rivelazione di Mosè e il cammino di Elia) in armonia con le bestie selvatiche (Isaia) e gli angeli che lo servono (salmo 91). A Marco evidentemente interessa solo dimostrare che queste Scritture si sono adempiute in Gesù. Infatti, non si sofferma a descrivere il contenuto delle tentazioni. Sono Matteo e Luca a dirci che sono tre: il miracolo, il mistero e l’autorità – le riassume il Grande Inquisitore di Dostoevskij. Gesù le respinge, la sua vita è una via di liberazione dalla soggezione e dalla schiavitù, che ognuno può intraprendere o rifiutare in piena libertà. Ma così, «invece di impadronirti della libertà umana, l’hai moltiplicata», lo condanna il Grande Inquisitore. Che si assume la missione opposta: «Noi li convinceremo che saranno liberi soltanto quando
rinunzieranno alla loro libertà in nostro favore e si sottometteranno a noi». Il motore della storia è appunto in questa lotta tra il Regno di Dio e il regno dell’uomo, tra la liberazione di ogni uomo e la
sopraffazione dell’uomo sull’uomo.
O, continuando, tra l’essere e l’avere, tra il servizio e il potere, tra la povertà e il prestigio, anche religioso. L’annuncio di Gesù è che il regno di Dio è vicino. Ma bisogna convertirsi, cambiare mentalità.
Innanzitutto rifiutando la concezione circolare del tempo, quella per cui non cambia mai nulla, tutto ciclicamente si ripete. Come scritto nel libro del Qohelet: «ciò che è accaduto, proprio quello accade ancora, ciò che è stato fatto, quello si sta facendo. Non c’è davvero niente di nuovo sotto il sole». Non è così: ogni tempo contribuisce a fare la storia. Si può sconfiggere l’ingiustizia, le guerre, perfino la morte, secondo la Bibbia. E tendere verso la pace, la giustizia, la fraternità, la vita. La storia cammina verso queste mete, non a caso poste dal
costituzionalismo moderno come sostanza dei diritti. Per esempio, la giusta retribuzione, capace di assicurare un’esistenza libera e dignitosa al lavoratore e alla sua famiglia; l’accoglienza dello straniero, cui venga impedito nel suo paese l’esercizio delle libertà democratiche. O, in generale, la rimozione di tutti gli ostacoli che di fatto impediscono il raggiungimento di queste mete. Un programma d’azione, questo, affidato alla Repubblica. Ma, secondo il Vangelo, anche alla coscienza di ciascuno, perché il momento è giunto. E – come diceva don Pino Puglisi, il grande evangelizzatore ed educatore dei giovani ammazzato dalla mafia proprio perchè «si portava i picciriddi cu iddu e predicava tutta a iurnata» -«“se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto».