Intervista di Lucia Capuzzi a Mohamed Abdesalam Abdellatif, Segretario generale del Comitato superiore della Fraternità umana, stretto collaboratore del Grande imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayeb.
di Lucia Capuzzi su Avvenire di venerdì 30 ottobre 2020
«Vorrei dire al popolo francese che siamo tutti dalla stessa parte contro il terrorismo. Dobbiamo essere ancora più uniti nell’affrontare questo nemico comune che manipola le differenze per dar sfogo al suo odio insensato. Per favore francesi, non lasciate che la rabbia e lo sdegno avvelenino il vostro tessuto sociale plurale il quale vi ha reso un esempio per il mondo». Non ha paura di essere diretto nella condanna di «questo abominevole attacco terroristico», Mohamed Abdesalam Abdellatif, segretario generale del Comitato superiore della Fraternità umana, stretto collaboratore del Grande imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayeb. A nome di quest’ultimo ha appena partecipato a Roma all’incontro dei leader delle religioni mondiali organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. All’evento era presente papa Francesco. «Mi associo alle parole del Grande imam nell’affermare che niente giustifica questi odiosi atti – sottolinea Abdellatif –, in contrasto con gli insegnamenti dell’islam».
Nemmeno le vignette di Charlie Hebdo?
Non esiste alcuna norma, principio o tradizione che consenta a un essere umano di commettere un crimine tanto orribile verso un proprio simile. Le istituzioni religiose islamiche lo dicono con chiarezza. Esistono vie pacifiche e legittime per esprimere il proprio malcontento di fronte ad insulti come quelli di Charlie Hebdo verso l’islam e il Profeta. Quelle vignette sono una forma di estremismo. Non è libertà di espressione ferire i sentimenti di 1,5 miliardi di musulmani. Ma chiedo con forza agli islamici francesi di non cadere nella trappola della violenza.
Come, da musulmano, vive il fatto che qualcuno strumentalizzi la sua religione per massacrare delle persone indifese?
Con dolore, come qualunque credente islamico. Noi musulmani soffriamo due volte per questo attacco. Primo, per il sangue innocente versato. Vorrei dire alle famiglie delle vittime che il loro patimento è il nostro patimento, chi ha commesso un’azione tanto orribile e chi lo appoggia deve essere punito. Come islamici, inoltre, ci addolora che la nostra fede possa essere identificata con simili criminali. I terroristi sono fuori dall’islam. Non lo rappresentano più di quanto l’attentatore di Christchurch potesse essere definito cristian Nessuna fede comanda di uccidere, come afferma con chiarezza il documento per la Fraternità umana, firmato da il grande imam al-Tayeb e da papa Francesco il 4 febbraio 2019. Chi lo fa, ma anche chi lo convince a farlo promuovendo un’interpretazione errata dei testi sacri o incentiva l’odio o strumentalizza la religione per raggiungere i propri obiettivi, infrange i principi più sacri della fede. Non è una persona religiosa, è un terrorista. E i musulmani sono le prime vittime dei loro atti sconsiderati.
Crimini come quello di Nizza mettono a rischio il dialogo tra islam e cristianesimo?
Né questo né qualunque altro attacco ha tale potere. I leader delle due fedi e i credenti hanno ben chiaro che non sono le religioni a causare la violenza ma la loro manipolazione. Anzi, cristiani e musulmani devono essere ancora più determinato a cooperare per vivere insieme in armonia.
Qualcuno dice che non è possibile vivere insieme…
La storia dimostra il contrario. Da sempre culture, fedi e tradizioni entrano in contatto e questo le fa crescere. Non possiamo separare l’Est dall’Ovest, come non possiamo dividere le persone in base al proprio credo, lingua, etnia. Dobbiamo renderci conto che siamo tutti fratelli, fratelli diversi ma fratelli.