Di Cesare Pernicotti in Civita Castellana del 19.07.2020
Il relatore don Mario Di Maio ha spiegato come il vero cristiano vive le relazioni interpersonali:
spostanto l’ottica dal sacrificio al benessere proprio e altrui.
Maio. Di origine siciliana, Mario di Maio ha compiuto i suoi studi a Roma (Collegio Capranica,
Università Gregoriana) e dopo l’ordinazione sacerdotale si è laureato in Psicologia, ha avuto
una formazione psicoanalitica, specie alla scuola di Jacque Lacan. Agli inizi degli anni ’80, aFrascati (a sud di Roma), nella
Chiesa di San Rocco, dove don Mario ogni domenica celebrava la Messa delle 11 (da qui il nome dell’associazione “Ore undici”) si forma un gruppo di amici interessati ad integrare i valori
cristiani con le scoperte e le ricchezze offerte dalle scienze umane. Attualmentel’associazione Ore undici che ha sede a Civitella San Paolo, nella
nostra diocesi, organizza incontri, convegni ed esercizi spirituali e pubblica i “Quaderni”, mensile di collegamento tra gli associati sparsi su tutto il territorio nazionale.
L’argomento affrontato nell’incontro era quello delle relazioni interpersonali. E l’accento è subito andato alla qualità delle relazioni con se stessi: siamo soddisfatti di noi a tessi? Siamo capaci di
autocritica? Un rivelatore significativo del rapporto con noi stessi è l’organizzazione del
tempo: potremmo esserne schiavi nel senso che non abbiamo tempo, o che siamo continuamente presi dalle cose da fare, degli impegni dasvolgere); o potremmo esserne padroni, sapendo fare le scelte giuste fra gli impegni e
responsabilità. Don Mario ha ricordato, poi, l’importanza di saper ascoltare se stessi, sia a
livello di conscio, di Super Io, sia di inconscio, perché troppe cose possiamo ignorare di noi stessi e crearci un’immagine non corrispondente alla realtà. Come, del resto, appare determinante se
e quanto spazio diamo al riposo e al tempo libero. E mentre lui parla il vescovo Romano Rossi
sembra scuotere un po’ la testa a queste provocazioni. E va oltre, il relatore, quando indica la necessità di passare dalla logica del sacrificio, visto come nota qualificante e predominante
dell’essere cristiano, alla logica del benessere proprio e altrui: solo delle persone soddisfatte
possono essere araldi della buona notizia portata da Cristo. E ancora. Appare urgente liberarci dal mito dell’efficienza, che spesso dà luogo alla frustrazione, alla capacità critica di guardare con realtà alla nostra azione pastorale e chiederci
sinceramente il perché dei nostri insuccessi. Nella seconda parte della mattinata, parlando delle
relazioni con l’altro/gli altri, il
relatore ha fatto ricorso all’immagine della “cura” che l’agricoltore, con competenza passione, mette nel far crescere le piante del suo campo: le relazioni interpersonali richiedono proprio questo prendersi cura. Parlando, quindi, del ruolo che ognuno svolge, ha sottolineato la necessità di
saperlo reinterpretare creativamente, per evitare
qualsiasi identificazione con esso, quasi che questo ci mettesse al riparo da ogni domanda su se stessi. Non sono mancati, sia nella prima che nella seconda parte della mattinata, gli interventi da parte dell’assemblea, cui don Mario ha replicato con tutta la sua competenza. E a conclusione dell’incontro, quasi a sorpresa, ha
rivolto l’invito a stare insieme e a valorizzare al massimo il momento conviviale.