di Nicola Colaianni su La Repubblica – Bari del 7 aprile 2024
I discepoli sono chiusi in una casa per paura capi del giudei che, dopo aver eliminato Gest, stanno dando loro la caccia. Ed è li che vedono apparire in mezzo a loro Gesù. Mostra le mani e il fianco con le piaghe della crocifissione (Giovanni 20, 19-31), Saluta con il consueto augurio della pace, effonde lo Spirito Santo, ricorda la missione di perdonare gli altri e da quelli ricevere il perdono dei peccati, cioè dei fallimenti umani. Ritorna dopo otto giorni e stavolta e presente anche Tommaso, assente la prima domenica e incredulo davanti al racconto che gli avevano fatto gli amici. Proprio a lui perciò si rivolge Gesù dicendogli di tendere la mano, di mettere il dito nel suo fianco perché creda. In modo impressionante Caravaggio lo dipinge con la punta del dito ficcata nel taglio sul costato. La verifica lo porta a credere che è il mio Signore, il mio Dio”. Ma – Gesù ammonisce – “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. La beatitudine, infatti, sta nel praticare il messaggio dell’amore, in ascolto della sua parola, non nell’essere stati spettatori di sue apparizioni. Che, del resto, non sono un dato oggettivo, riscontrabile da chiunque. Tant’è che avvengono non pubblicamente, sotto gli occhi di tutti, ma nel chiuso di una casa, davanti solo alle persone che avevano condiviso per due anni l’esperienza con Gesi Certamente avranno avvertito una presenza reale ai loro occhi, alla loro soggettività. E gli evangelisti la esprimono con la cultura e il linguaggio del loro tempo, intriso di fisicità: Gest appare con le gambe, le braccia, il volto, il suo corpo. Quello, però, piagato della crocifissione: è la cultura della croce, il culmine dell’azione di salvezza di Gesù, che lo rende presente realmente e suscita nel discepoli lo spirito della missione di guarire le piaghe di ogni uomo e di ogni donna. Senza la presunzione di essere gli unici sani perché le cinque piaghe le ha innanzitutto la Chiesa, come realisticamente evidenziò a metà Ottocento in un suo famoso libro l’abate Antonio Rosmini. Tra queste spicca il clericalismo, forse, come denuncia il papa Francesco, la più grave perché fa perdere di vista i lineamenti di Gesù. Come dice una bella poesia di Borges, “Possiamo scorgerli/e non riconoscerli. II profilo di un/ebreo nella ferrovia sotterranea è forse quello di Cristo; le mani che/ci porgono alcune monete/a uno sportello forse ripetono quelle/dei soldati che un giorno/lo inchiodarono alla croce,/Forse un tratto del volto crocifisso/ si cela in ogni specchio/forse il volto mori, si cancello, affinché Dio sia tutto in tutti. A ricordarci, comunque, le piaghe odierne della società sono le nostre costituzioni: la guerra, la fame, gli stenti delle migrazioni, lo sfruttamento del lavoro, le malattie sociali, la dispersione scolastica, ecc. Non sono enunciate espressamente perché sono fasciate dai corrispondenti diritti. Non per nasconderle con una narrazione ottimistica e di facciata, ma per prescrivere le terapie con cui rimuovere – dice l’articolo 3 – questi ostacoli che di fatto limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini.