di Lucia Capuzzi in “Avvenire” del 26 giugno 2022
Una mappa che traccia il cammino verso l’orizzonte – pieno ed effettivo – di un mondo libero da armi nucleari. Così si può sintetizzare la “Dichiarazione di Vienna”, il documento adottato – per acclamazione e con pieno consenso – dagli Stati parte del Trattato per l’abolizione dell’atomica a conclusione del vertice che si è svolto nella capitale austriaca. All’evento, il primo dall’entrata in vigore dal bando, l’anno scorso, c’erano 83 Paesi, tra firmatari e osservatori. Tra questi ultimi, particolarmente rilevante la presenza di tre nazioni Nato: Germania, Paesi Bassi e Svezia. Nonostante la pressione dell’opinione pubblica, invece, l’Italia ha disertato la conferenza. Il documento di Vienna non si limita a definire gli aspetti procedurali e burocratici, che pure ci sono. Né a formulare generiche affermazioni di principio. La condanna delle minacce nucleari è netta. Ma c’è ben di più. Anche grazie alla presenza delle vittime e al contributo delle organizzazioni della società civile – prima fra tutte l’International campaign for abolishing nuclear weapons (Ican) con i suoi partner italiani, Rete pace e disarmo e Senzatomica –, il testo delinea un piano in cinquanta punti per trasferire il divieto dalla carta alla realtà. Azioni pratiche, come la creazione di un fondo fiduciario a sostegno dei sopravvissuti alle esplosioni nucleari, l’istituzione di un comitato consultivo scientifico, la definizione di un termine di dieci anni per la distruzione delle testate. «Dal 2017, abbiamo una norma legale che proibisce le armi nucleari, grazie agli sforzi della società civile internazionale – afferma Francesco Vignarca, coordinatore di Rete pace e disarmo –. Da ora esiste anche la strategia che ci porterà a quel risultato». Incoraggiante, in tal senso, il messaggio portato al vertice dalla Germania, una delle cinque nazioni dell’Alleanza atlantica custodi di testate americane, assieme Italia, Belgio, Paesi Bassi e Turchia. Per tale ragione, Berlino è fuori dal Trattato. A Vienna, tuttavia, si è detta disponibile a impegnarsi nei cosiddetti “obblighi positivi”: azioni che, senza mettere in discussione la dottrina della deterrenza, sono volte a mitigare i danni umanitari e ambientali delle armi nucleari. Il precedente tedesco potrebbe costituire uno stimolo importante anche per gli altri Paesi Nato, tra cui l’Italia. «Sono certo che riusciremo a far diventare anche da noi il disarmo nucleare un tema pubblico e che, come accaduto per la messa al bando delle mine anti persona e delle munizioni a grappolo, questo sarà determinante per la loro eliminazione totale», ha sottolineato Daniele Santi, presidente di Senzatomica.<br>La strada per raggiungere il traguardo, certo, è ancora lunga. «Ma siamo imperterriti e niente ci fermerà. Insieme stiamo ponendo fine all’era delle armi nucleari», ha dichiarato Beatrice Fihn, direttrice esecutiva di Ican, insignita del Nobel per la Pace proprio per aver trasformato una mobilitazione popolare in diritto internazionale. Come conclude la Dichiarazione di Vienna: «Non ci fermeremo finché l’ultimo Stato non avrà aderito, l’ultima testata non sarà stata smantellata e le armi nucleari non saranno eliminate dalla Terra».