di Daniela Fassini in “Avvenire” del 22 aprile 2021
Forenzo ha messo a dimora 5mila aceri, pioppi e gelsi. «Lo faccio per i miei nipoti»
«Voglio che i miei nipoti possano vedere il paesaggio che ho visto io da bambino, alla loro età». Fiorenzo Caspon è il nuovo che avanza, l’ambientalista che ‘ricuce’ i danni del passato. Dopo anni passati in fabbrica, nella sua fabbrica, oggi leader mondiale delle spugnette d’acciaio, ha capito che la natura è molto più importante. E come uomo sente che deve restituire quello che si è preso.
Fiorenzo da dieci anni acquista terreni e pianta alberi: è come ritornare indietro, ridare alla natura lo spazio che negli anni le città, le strade, l’urbanizzazione dell’uomo hanno sottratto.
«Sento il rimorso. Ho sentito il desiderio di fare qualcosa, di dare indietro alla terra quello che lei mi ha dato. Lo faccio anche per i miei nipoti». Giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, Fiorenzo acquista ettari di terreno abbandonati dai capannoni in disuso e dalle colture intensive. E lo fa nella sua Vedelago, campagna trevigiana del ricco Nord Est, in quella regione che prima della pandemia e ancora prima della grande crisi economica del 2008 da sola produceva il Pil della Grecia intera. Fiorenzo è il ‘nuovo’ ambientalista, quello cioè che non solo non consuma ma cerca di ridare alla sua terra quello che ha preso.
«Ci sono migliaia di terreni lasciati dai vecchi contadini che rischiano di essere sfruttati, distrutti, trasformati in strade e in ponti, la gente fa disastri e così distrugge la natura – spiega Fiorenzo – e quelli che posso comprare, lo faccio e ci pianto alberi». Più di quattro-cinquecento ogni stagione, oltre cinquemila quelli piantati negli ultimi dieci anni. Olmi, aceri e gelsi. Fiorenzo non lavora più a tempo pieno nella sua fabbrica: ci va solo un paio d’ore al giorno, la mattina. «Per mettere in ordine le carte». Oggi c’è suo figlio. Poi con zappa e vanga va in campagna: crea fossati, perché l’acqua deve arrivare in modo naturale, pulisce e taglia le erbacce. «La campagna mi rende felice, ogni giorno è una sorpresa: lavorando la terra, mi accorgo di essere felice». Ma per Fiorenzo non è facile. E non sono mancati i contrasti, nel suo Comune di Vedelago, con chi invece faceva di tutto per sfruttare quella terra tanto ricca quanto purtroppo troppo spesso devastata. Qui ci sono gli allevamenti intensivi. «Nessuno ne parla ma fanno disastri – racconta –. Ogni allevamento ha bisogno di molta terra per smaltire i liquami. Quando tutto era fermo, un anno fa, durante il periodo di lockdown, qui da noi le polveri sottili erano sempre alle stelle».
Pochi chilometri più in là ci sono le colline del Prosecco. «Le vigne per crescere hanno bisogno di essere ‘pompate’ in continuazione» spiega Fiorenzo. «E negli ultimi anni anche quaggiù in pianura stanno sempre più prendendo piede le vigne, a me hanno offerto la coltura del vino amabile, ad esempio. Ma non ho mollato». E dopo aver piantato alberi o averli lasciati crescere allo stato brado per arricchire di nuovo di verde il suo paesaggio e le sue campagne, oggi Fiorenzo sta pensando agli alberi da frutto. Quelli autoctoni naturalmente. «Piante per le quali non servono fertilizzanti o insetticidi: alberi di mele, pere, prugne e pesche – spiega – Forse non tutti perfetti ma buoni e soprattutto sostenibili, perché così facendo rispettiamo l’ambiente in cui crescono». Il suo sogno è quello di ricreare piccole oasi naturalistiche in cui possano tornare a dimorare la flora e la fauna locale, insetti, uccelli e piccoli roditori, immersi nuovamente nella loro natura. Fiorenzo cerca così di ‘riparare’ la sua terra. «Ma io sono come un granellino di sabbia in mezzo al deserto» ammette, ma non si perde d’animo e soprattutto tira dritto. Una piccola vittoria, Fiorenzo e suo figlio (che lo aiuta anche in campagna) l’hanno già ottenuta: martedì il Consiglio comunale di Vedelago ha fatto un’ordinanza, nella quale si vieta l’eradicazione di siepi campestri.