Costruire un nuovo equilibrio tra l’uomo e il cosmo
Siamo in quarantena, confinati nelle nostre abitazioni, aspettando che passi la tempesta che ha sconvolto le nostre vite.
Questo virus sconosciuto ha ridimensionato il nostro delirio di onnipotenza e ci ha fatto recuperare quei valori essenziali che permettono alla vita di rimanere umana. Basta osservare i video degli ospedali, dove medici e infermieri si prodigano senza sosta per sostenere le persone più deboli e più fragili. Vengono in mente le parole di Isaia: «Questo è il digiuno che voglio… dividi il tuo pane con l’affamato, accogli chi è povero e senza tetto».
Il grido dei bambini di Iblid, che fuggono dalla guerra e muoiono di freddo sotto gli ulivi prima di arrivare in ospedale, è una supplica rivolta a tutti i credenti. Ne va della nostra fede e della serietà delle nostre liturgie.
Il coronavirus un risultato comunque l’ha ottenuto: ci ha ricordato che la terra è malata e non possiamo devastarla senza pietà per l’interesse di pochi privilegiati. Il nostro pianeta presenta il conto e saranno le giovani generazioni a subire i contraccolpi della crisi climatica.
C’è l’urgenza di ricostruire un nuovo equilibrio tra l’uomo e il cosmo, quella “ecosofia” di cui aveva parlato con anticipazione profetica Raimon Panikkar.
Mentre siamo rintanati nelle nostre case, assistiamo impotenti ad una emergenza umana sconvolgente: i soldati greci sparano e respingono con lacrimogeni i più disperati della terra.
È la passione di Cristo che continua nel volto degli ultimi. Mi sorprende nei vangeli il racconto della Trasfigurazione. I discepoli, da buoni religiosi tradizionali, si fermano alla teofania, ma quando si risvegliano, non vedono che un Gesù solo che va verso la croce.
Anche Lui, come ogni essere umano, deve attraversare la strada dolorosa per giungere alla Resurrezione.