Il coraggio di custodire le relazioni
la tentazione è catalogare l’altro, pensare di conoscerlo, fermarsi al limite
Quella che proponiamo non è una sintesi dell’ampia, articolata e densa relazione che il filosofo Roberto Mancini ha esposto al convegno di Montanino di Camaldoli. È la ripresa di alcuni concetti e parole chiave attorno ai quali Mancini ha sviluppato la sua riflessione. Rimandiamo a uno dei prossimi Scoiattoli la presentazione per esteso della sua conferenza.
Un sistema senza alternative?
Viviamo prigionieri di un sistema globalizzato che sta distruggendo il pianeta, esasperando le diseguaglianze, desertificando la vita sociale; un sistema che sta soffocando l’umanità e la vita mettendone a rischio la stessa sopravvivenza. Viviamo in un sistema fondato sulla logica del potere, che si espande e si manifesta in tutti gli ambiti della vita globale: dall’economia alla tecnologia, dalla burocrazia alla geopolitica, dalla comunicazione di massa alla guerra. Ne deriva una concreta e reale possibilità di autodistruzione globale, eppure gli uomini e le donne di questo pianeta sembrano incapaci di credere all’esistenza di un’alternativa. Al contrario, la reazione più diffusa, che peraltro viene etichettata con un termine positivo quale “resilienza”, è quella di cercare di adattarsi al sistema esistente per assicurarsi la mera sopravvivenza. Perché? È lo stesso sistema globale a indurre questa reazione in milioni e miliardi di persone che – nel primo come nel terzo e quarto mondo –subiscono uno sradicamento dalla famiglia, dalla comunità, dal territorio, dalle abitudini, dalla cultura, dalla lingua madre da cui provengono. Sradicati e isolati, si rifugiano nell’individualismo o in varie forme di dipendenza (non solo dalla droga o dall’alcol, ma anche dal cibo, dal lavoro, dalla tecnologia, dalla religione, dagli affetti), che sono surrogati del radicamento ma che, a differenza di questo, non rendono liberi né offrono una reale condivisione di vita all’interno di una comunità umana.
Il lato oscuro della logica dominante.
Non possiamo dimenticare che il sistema che si è imposto al mondo intero ed è diventato globale è nato nel mondo occidentale cristiano. Com’è potuto accadere che il mondo cristiano, alle cui origini c’è il vangelo, abbia generato un sistema economico fondato sul denaro? E come possiamo porvi rimedio? Se è vero che la storia procede in progressione, è altrettanto vero che propone costantemente degli snodi, dei bivii che permettono di tornare indietro e cambiare rotta. La direzione che abbiamo imboccato – propagandata come inevitabile, giusta, necessaria – esprime una crescente disumanizzazione, una “stupidità” etica e affettiva rispetto alla vita. La presa di coscienza da cui ripartire è dunque che abbiamo voltato le spalle alla vita: la vita ci fa paura, perché è complessa, difficile, contempla sofferenza e morte e allora, invece di accoglierla, abbiamo preferito gestirla, controllarla, dominarla.
L’abbiamo ridotta ad astrazione, a strumento, e abbiamo elevato il potere e il denaro a valori assoluti.
La nostra civiltà si è edificata sulla base del potere, ma oggi ci accorgiamo – se prendiamo distanza critica – che il potere non governa le situazioni, non le risana, non ha riguardo per gli esseri viventi; non accetta eccezioni, alterità, differenze. Condanna e reprime tutto ciò che è altro. Così come testimoniano i poteri del mondo ebraico, romano, religioso – che erano tra loro in conflitto – che si unirono in odio a Gesù di Nazareth, simbolo e testimone di alterità. Chiediamoci allora che cos’è il potere se, nel Vangelo, Satana tenta Gesù offrendogli il potere su tutti i regni della terra e Gesù lo respinge, contrapponendo alla sua logica quella del servizio, del prendersi cura, del guarire, del liberare da ogni forma di schiavitù.
L’adesione alla vita.
Erich Fromm ha analizzato le due forze che agiscono e producono effetti nella natura e negli esseri viventi, quella necrofila e quella biofila. È dunque sbagliato ricondurre a un’unica origine, al potere nelle sue pervasive forme, tutte le dinamiche esistenti; è sbagliato anche se la violenza, la guerra, la prevaricazione sono così pervasive da apparire come una grammatica e una logica complessiva, avvolgente e schiacciante.
Fromm ci ricorda che esiste anche un’altra efficacia, che è quella della vita alla quale possiamo aderire, la quale – anch’essa – ha una grammatica e un suo vocabolario. La prima parola in cui si declina è libertà, che non è l’arbitrio di fare ciò che si vuole, bensì la fedeltà a se stessi, alla propria dignità di essere umano che sceglie di crescere in umanità. La seconda parola è responsabilità, che significa rispondere alle situazioni della vita con la propria originalità, creativamente. La terza è servizio, l’opposto del potere che vede il mondo a disposizione propria, in quanto servizio equivale a mettersi a disposizione del mondo, per quello che ciascuno può fare. Un’altra parola è autorità, non nel senso di comandare, ma di far crescere, di confermare la libertà dell’altro, di contribuire alla piena espressione di se stesso. Infine, la parola che più di ogni altra si oppone al potere è umanità: il potere e l’umano sono inversamente proporzionali, dove vince l’uno perde l’altra. Ma quando fioriamo nella nostra umanità, quando mettiamo in campo i nostri sentimenti migliori, la creatività, il coraggio, la libertà, il pensiero critico, allora il potere arretra. Quando c’è umanità riusciamo a costruire convivenza autentica, liberata dalle logiche del potere.
Le correnti della vita.
La vita è come un mare, ha delle correnti rispettando le quali possiamo fiorire in umanità. Se invece le eludiamo, sperimentiamo il malessere e diventiamo disumani. È tempo di fare pace con la vita, di riconoscere e assecondare le sue correnti. Allora, la prima legge fondamentale che governa la vita è il dono: noi siamo un dono e siamo responsabili del suo valore inestimabile, che fiorisce soltanto se viene condiviso. La vita è strutturalmente relazione, condivisione. Il dono, se viene trattenuto, deperisce, si spreca; quando viene condiviso invece diventa parte dell’umanità e non può più essere perso, diventa eterno. Ricordiamoci che tutti i valori essenziali della vita non sono di uso né di scambio, sono valori viventi, incondizionati, incalcolabili. Se non li vediamo, attraversiamo la vita contromano, come se prendessimo l’autostrada contromano.
La seconda legge della vita è la relazione. Come dice Lévinas, Dio ci ha creati tutti fratelli e sorelle, ma ognuno di noi è figlio unico. Ciascuno di noi è unico, ma vive in relazione con gli altri. Noi abbiamo frainteso l’unicità con l’esclusività, rinnegando il criterio del vivere “insieme”, sullo stesso piano, senza posizionare qualcuno davanti e qualcun altro dietro. Gli unici a venire prima – se c’è un prima – sono le vittime, i disamati, i diseredati, i fragili.
Terza legge della vita è il rinnovamento, la sua continua trasformazione da quando veniamo al mondo a quando lo lasceremo. Durante questo processo ci sono strappi, ferite, perdite, fratture: il compito umano è quello di riparare. L’essere umano non è il dominatore della vita, bensì il custode del cammino degli esseri viventi; è il giardiniere, il poeta, il riparatore delle fragilità della vita. La fragilità nella logica del potere è uno scandalo, ma nella dinamica della vita le fragilità sono espressione della dignità e dell’unicità delle creature viventi. Il rinnovamento continuo chiede di imparare a camminare, di creare un’alleanza tra le generazioni, senza che nessuna sia sacrificata, oppressa, abbandonata.
Infine una legge fondamentale della vita è il paradosso. La vita non si può spiegare né comprendere totalmente. Se la vita è uno spazio aperto come un mare, noi ci stiamo dentro e il nostro compito è imparare ad abitarlo, a muoverci, camminare, partire. La verità è che siamo tutti migranti nel viaggio della vita. Anche nella dimensione del tempo la vita è un paradosso: tutti sperimentiamo il tempo che manca, il tempo che passa, che si fa corto, ma nella dedizione – a una persona, a un valore, a una relazione – il tempo diventa durata, valore, apertura all’eterno. Vita, senso, valore che continua anche quando interviene la morte. Possiamo vivere all’altezza di valori eterni, ma possiamo anche sprecare la vita, essere già morti anche se abbiamo vent’anni. Il confine della vita vera non è la morte, è il nostro egoismo, la nostra angoscia. Prima li superiamo, prima scopriamo la vita vera.
La frontiera.
Niente ci obbliga a mantenere il sistema economico che ci governa. Niente ci obbliga a chiamare politica la lotta per il potere. Niente ci obbliga a restare morti e a rifiutare la vita vera. Questa è la buona notizia. Dove sta la frontiera? Che cosa ci trattiene, zelanti, dentro un sistema che ci fa male? Il punto di frizione è la resa, è quando ci arrendiamo e diventiamo esseri calcolanti: calcoliamo quello che ci conviene, quello che ci fa vivere di più, quello che ci porta più denaro. Ma così facendo perdiamo la nostra umanità, le relazioni, la bellezza e il bello della vita.
Il contrario della resa è la scelta di essere generativi, di essere vivi fino in fondo, anche se è faticoso, anche se è difficile. Molti dei cambiamenti cui oggi siamo chiamati stanno nello spazio tra l’impossibile e il difficile. E non può essere diversamente, se pensiamo che quando l’umanità ha fatto un passo avanti è stato perché qualcuno ha varcato la frontiera che tutti gli altri ritenevano impossibile. L’hanno fatto Gesù di Nazareth, Francesco d’Assisi, Gandhi, Madre Teresa… lo fanno tante persone nell’anonimato.
Mai nella vita c’è un punto in cui è troppo tardi. Sempre siamo chiamati alla vita e dalla vita a uscire dal sepolcro della disperazione per credere nella pienezza della felicità, della comunione, dell’umanità. La vita è un dono definitivo, nessuno ce la può togliere.
ROBERTO MANCINI - Professore ordinario di Filosofia teoretica presso l’Università di Macerata, dove ha ricoperto gli incarichi di presidente del Corso di Laurea in Filosofia e di Vice Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. È stato membro del Direttivo dell’Università per la Pace delle Marche, per la quale è responsabile della Scuola di Altra Economia. Dirige le collane “Orizzonte Filosofico” e “Tessiture di laicità” presso Cittadella Editrice di Assisi.
Collabora con il Centro Volontari per il Mondo di Ancona e con il Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA).
Autore di numerosi volumi su filosofia, spiritualità, etica, cristianesimo.