tratto da “Triduo pasquale – Meditazioni” di don Carlo Molari
La situazione della donna al tempo di Gesù
Venendo adesso al nostro tema, riguardo a Maria e alle donne che hanno seguito Gesù, occorre credo prima di tutto dare alcune indicazioni circa la situazione della donna nella cultura ebraica del tempo di Gesù, altrimenti abbiamo difficoltà a capire certe cose. Per esempio a capire come mai si parla così poco delle discepole di Gesù e quando si parla dei discepoli si parla sempre al maschile, non si parla mai delle discepole di Gesù. Teniamo presente che coloro che hanno scritto i Vangeli erano maschi e quindi vedevano le cose con gli occhi dei maschi di quel tempo.
In quel tempo le donne non venivano considerate a livello sociale; avevano una determinata funzione, ma all’interno della famiglia, non avevano l’obbligo di conoscere la Legge. Quindi è chiaro che chi ha scritto l’ha fatto disinteressandosi delle donne, per cui quando leggiamo per esempio che le folle accorrevano da Gesù dobbiamo pensare che c’erano donne, bambini e uomini, anche se a volte le donne e i bambini non vengono calcolati. Per esempio quando si parla della moltiplicazione dei pani si dice che erano 5000 uomini e non si dice quanti erano le donne e i bambini, perché per loro non avevano importanza. Seconda ragione particolare: perché nella stessa vita sociale le donne non avevano quella rilevanza che poteva essere registrata nelle esperienze che compivano: proprio non venivano considerate, anche se nei Vangeli ci sono diverse situazioni di cui sono protagoniste.
Vediamo allora la situazione delle donne al tempo di Gesù. Nella cultura ebraica la donna veniva considerata al servizio dell’uomo, per cui era sempre sotto il dominio dell’uomo. Questo già a partire dal racconto della creazione più antico, quello del secondo capitolo dalla Genesi. In quel racconto prima viene creato l’uomo, poi le piante, gli animali… alla fine Dio si è accorto che l’uomo da solo non poteva fare tutte le cose e allora la donna viene creata da una sua costola, ‘per essere un aiuto adeguato’, un aiuto ‘simile a lui’. Quindi il suo destino in quella prospettiva culturale era di essere un aiuto dell’uomo, a suo servizio. Per cui era proprietà dell’uomo: prima del padre, poi del marito. Il padre poteva anche venderla come schiava, se per esempio la famiglia aveva dei debiti. Invece non poteva vendere il figlio, perché nella loro concezione il figlio garantiva la continuità della famiglia (cosa strana, perché poi i bambini nascono dalle donne). Questa era la concezione generale. Voi sapete che questa concezione ha inciso notevolmente anche nella cultura cristiana, perché è proseguita. Noi adesso non ce ne rendiamo bene conto, ma gli storici vedranno il cambiamento che è avvenuto nel secolo scorso, già preceduto da diverse fasi nei secoli precedenti. Quindi sono avvenuti cambiamenti profondi, ma a quel tempo la donna era proprietà dell’uomo. Questo è un dato molto importante.
Un altro dato da tenere presente è che nella cultura ebraica la donna era quasi continuamente in uno stato di impurità, sia per i periodi delle mestruazioni sia in conseguenza del parto: c’erano tutte regole particolari che sono poi anche rimaste nell’ambito cristiano. Io ricordo ancora che nel rituale c’era una tradizione con delle preghiere particolari per le donne dopo la maternità: c’era una particolare purificazione, come se aver avuto un figlio fosse qualcosa di peccaminoso. Adesso ci viene da ridere per cose del genere. Io ricordo che nella mia parrocchia quando ero bambino portavano le donne nella cappella della Madonna di Lourdes per questa purificazione. Cose veramente contraddittorie. Quindi pensate come pesavano queste cose nella cultura del tempo. Inoltre uno dei compiti fondamentali del maschio – del padre e poi del marito – era quello di proteggere la figlia, la moglie, dalle aggressioni sessuali degli altri uomini, per cui dovevano restare nascoste sempre in casa, velate. Pensate adesso alla tradizione del burka: erano queste tradizioni bibliche, per cui la donna doveva essere nascosta perché doveva essere protetta dalle aggressioni. Adesso noi abbiamo acquistato un certo controllo in queste cose e io credo che andando avanti ci saranno delle mutazioni proprio nel vivere la sessualità; ma allora era diverso, era un modo ancora molto più istintivo, per certi versi animalesco, per cui c’era la necessità di una protezione continua.
La funzione fondamentale della donna era all’interno della famiglia, ed era una funzione importante: doveva preparare da mangiare, doveva sistemare la casa; i primi anni del figlio (fino ai 6-7 anni) erano sotto la tutela della madre, poi dopo entrava in gioco il padre nella sua funzione di padrone e anche di educatore: al figlio doveva insegnare il mestiere e prepararlo alla vita. Era anche compito del padre fare sposare la figlia, per cui si metteva d’accordo con qualche altra famiglia. In alcuni luoghi c’è ancora questa abitudine. Per esempio in alcuni luoghi dell’India il matrimonio viene fissato dai padri anche quando i figli sono piccoli.
La famiglia di Gesù
In quel tempo la famiglia era la famiglia allargata: comprendeva un patriarca (p.e. un nonno), che aveva il potere di decisione su diversi nuclei famigliari: se per esempio aveva diversi figli e diverse figlie, costituivano un’unica famiglia. Certi villaggi antichi sono sorti proprio per l’allargamento di una famiglia, che, soprattutto in ambito agricolo, costituiva il centro di una proprietà agricola che veniva gestita da molte famiglie che però appartenevano allo stesso ceppo. Nel caso di Gesù, Gesù viveva in un ambito agricolo, però aveva un’attività artigianale, che probabilmente era di carattere famigliare. C’erano altri componenti: nel Vangelo si parla di quattro fratelli più altre sorelle di cui non si precisa il numero né il nome. E già questa è una differenza: che dei fratelli ci siano i nomi e invece delle sorelle no. Perché era secondario, nella loro concezione.
Come sapete c’è una discussione sul termine ‘fratello’. San Girolamo, del V secolo, dice che nell’ambito semita lo utilizza-vano per designare anche i cugini e i parenti prossimi; però oggi gli esegeti tendono a dire che questo non corrispondeva al tempo di Gesù all’uso dei termini greci con cui traducevano i termini ebraici, per cui ci sono altre interpretazioni. Alcuni – soprattutto dei protestanti, ma anche dei cattolici – dicono che poi Maria ha avuto altri figli. Altri invece dicono, per rispettare la tradizione della verginità perpetua, che Maria ha sposato Giuseppe che aveva già altri figli precedenti, per cui poi Giuseppe è morto e gli altri figli sono rimasti all’interno della stessa famiglia, per cui erano fratellastri di Gesù. Sono tutte discussioni che adesso a noi non interessano, ma sono riportate anche nei libri, perché dal punto di vista storico si cerca di determinare qual è il senso di questa formulazione. In ogni caso Gesù è vissuto in un ambiente di famiglia allargata, in cui c’erano appunto queste diverse presenze.
Notiamo subito che quando, dopo che Giovanni è stato imprigionato, Gesù ha preso l’iniziativa di predicare, questa fami-glia allargata è stata contraria alla sua decisione, perché era di per sé un elemento di scandalo che un capo della famiglia a un certo punto, a 35-36 anni, se ne andasse per la strada a chiedere la conversione della gente, per di più in una situazione di insicurezza, perché doveva andare poi a mendicare un luogo per mangiare e per dormire. Gesù lo fa, e questo era considerato per la famiglia un’onta. Questo spiega perché a un certo momento, dopo un consiglio di famiglia, decisero di andare a prenderlo per riportarlo a casa. Su questo i dati sono molto chiari nel Vangelo di Marco: gli studiosi che seguono il metodo storico-critico sottolineano fortemente questo elemento, perché una cosa del genere non può essere stata inventata, in quanto era un elemento negativo. Che infatti poi scompare: Luca non ha più questo dato, cioè ha l’episodio nelle sue conclusioni, ma non dice le premesse. Questo si spiega, perché andando avanti nella predicazione gli elementi un po’ negativi cadevano o venivano modificati.
Marco racconta così questo episodio in 3,20s: Entrò in una casa e si radunò di nuovo intorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo, poiché dicevano: ‘E fuori di sé’. Ed è comprensibile questo, per cui con Maria, i fratelli e le sorelle se ne partono e vanno a Cafarnao, dove Gesù aveva messo la sede, per convincerlo a tornare a casa. L’episodio successivo, cioè quando arrivano a Cafarnao, anche Luca ce l’ha, però non dice perché erano andati lì; invece Marco lo precisa bene. Come sapete, giunti a Cafarnao e arrivati nella casa in cui lui stava parlando, lo mandarono a chiamare. Quando gli annunciano l’arrivo dei suoi, Gesù continua la sua predicazione e dice: Chi mia madre e chi sono i miei fratelli? Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: ‘Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre’. Dopo certamente si saranno incontrati, gli avrà parlato, ma non sappiamo, gli evangelisti non ne parlano più, quello che era impor-tante era registrare quest’affermazione che Gesù ha fatto.
Questo mostra che nella prima fase certamente anche Maria e i familiari non erano d’accordo sull’iniziativa presa da Gesù. Questo può sembrare scandaloso, al punto che nel secolo scorso, quando ancora c’era una lettura un po’ pia dei Vangeli, alcuni mariologi interpretavano questo episodio come se Maria fosse andata a Cafarnao coi fratelli e le sorelle per convincere Gesù a continuare il suo cammino, cioè per difenderlo di fronte agli altri parenti. Perché a questi mariologi sembrava strano che Maria si fosse trovata contraria alle scelte fatte da Gesù. Tra l’altro alcuni pensavano che Maria già sapesse tutto e c’era chi attribuiva anche a Maria, come a Gesù, la visione beatifica fin dall’inizio dell’avventura. Capite quindi che un episodio di questo tipo costituiva un’incongruenza.
Tuttavia è importante ricordare che alla fine, dopo la morte di Gesù, troviamo che Maria e i parenti di Gesù appartengono al gruppo che a Gerusalemme si raccoglie nella preghiera. E ricordate che nel racconto di Luca della Pentecoste c’era Maria.
Quindi anche Maria nell’ultima parte certamente ha seguito Gesù e ha riconosciuto il significato della sua predicazione.
Non solo, ma c’è un dato importante successivo. Secondo la tradizione ebraica, quando moriva un maestro il gruppo dei discepoli che restavano si riuniva e ciascuno raccontava quello che ricordava dell’insegnamento del maestro, in modo da poterlo trasmettere ordinatamente. Ebbene, a capo della comunità di Gerusalemme, quindi del gruppo dei discepoli che a Gerusalemme facevano tutto ciò, troviamo Giacomo fratello di Gesù. Non era Giacomo l’apostolo, il fratello di Giovanni, ma Giacomo il fratello di Gesù, che era chiamato ‘il Minore’. Fu ucciso nel 62 per ordine del sommo sacerdote, che approfittò dell’assenza momentanea del procuratore romano. Giacomo, il fratello di Giovanni, era stato ucciso anche lui a Gerusalemme nel 42 per decisione del procuratore romano.
Gesù e le donne
Nel suo comportamento con le donne Gesù è stato realmente trasgressivo e per certi versi, dicono alcuni, proprio scandaloso, per cui veniva accusato di avere degli atteggiamenti che non corrispondevano alla cultura del tempo.
Aveva anche delle discepole. Questo è un dato che sconcertava un po’, perché i maestri non avevano discepole abitualmente – era proprio una tradizione – anche perché le donne non erano obbligate di per sé neppure a studiare la Legge, né tanto-meno facevano parte del gruppo degli scribi, che erano solo uomini. Per sé non sapevano scrivere, forse leggere. Gesù certamente sapeva leggere e scrivere, però questo non era molto diffuso, anche se la percentuale degli ebrei che avevano queste capacità era maggiore rispetto ai popoli vicini, per l’importanza che aveva il Libro, almeno dal V secolo a.C. Quindi da dopo l’esilio quest’importanza del Libro conduceva a insegnare almeno a leggere l’ebraico, dato che le Scritture erano tutte in ebraico. Però nelle sinagoghe dove si riunivano parlavano in aramaico, che era una specie di lingua commerciale che aveva tante altre componenti, sempre delle lingue semite del luogo.
Gesù dunque aveva delle discepole che l’hanno accompagnato dalla Galilea fino a Gerusalemme, che mettevano a disposizione anche i propri averi per costituire un piccolo fondo per la vita di questo gruppo che andava in giro a chiedere la conversione. Si tratta di vedere l’importanza che hanno avuto.
Luca 8,13 ci parla così di loro: In seguita Gesù se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunciando la buona novella del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre che li assistevano con i loro beni. Oltre queste, noi sappiamo dell’amicizia di Gesù con Marta, Maria e Lazzaro: quando passava a Betania nell’andare a Gerusalemme si fermava sempre a casa loro. Poi Gesù ha certamente incontrato altre donne e ha avuto rapporti come guaritore, come espressione della misericordia per il perdono dei peccati, con altre donne che venivano considerate scandalose, soprattutto da parte dei farisei che seguivano le regole di purità in modo molto rigoroso.
Gesù invece non seguiva le regole di purità. Già in questo c’era una distinzione notevole. Le regole di purità per esempio non permettevano di prendere contatto con una peccatrice oppure con una persona che aveva perdite di sangue come l’emorroissa. Lc 8 ci racconta che la donna s’è accostata di nascosto, ha toccato il mantello e Gesù ha detto: ho sentito una forza che è uscita da me. Chi mi ha toccato? La donna è vergognosa, perché sa di avere trasgredito le leggi di purità e Gesù invece loda il suo coraggio e la sua fede, tanto che le dice: la tua fede ti ha salvato.
E pensate all’episodio di Le 7 della peccatrice entrata in casa di Simone, un fariseo che aveva offerto un pranzo a Gesù e ai suoi amici. La donna si mette ai piedi di Gesù, con le lacrime li bagna, e Simone pensa: se fosse un profeta saprebbe chi è la donna che lo sta toccando: è una peccatrice. E Gesù racconta la parabola dei due debitori a cui il creditore condona il debito e conclude: Chi dei due l’amerà di più? Capite, Simone era scandalizzato perché si lasciava toccare da una donna che era una prostituta; e Gesù loda anche lei.
E pensate all’adultera sorpresa in flagrante adulterio. Secondo la legge mosaica doveva essere uccisa – lapidata o strangolata a seconda che l’adulterio si fosse verificato nella prima fase del matrimonio o successivamente – Gesù invece, pur riconoscendo che certo ha fatto il male, le dice semplicemente di non peccare più e le comunica la forza per poter cambiare. Tutti riconoscono che questo racconto che è nel capitolo 8 del Vangelo di Giovanni non appartiene a Giovanni, ma appartiene probabilmente a Luca come testo redatto; però non è entrato nel Vangelo di Luca, probabilmente perché considerato troppo scandaloso. È stato introdotto (e solo in alcuni manoscritti) nel Vangelo di Giovanni, che è stato l’ultimo, alla fine del primo secolo, ma si vede facilmente che non si armonizza col contesto.
Il Vangelo dell’adultera introduce un tema centrale nell’in-segnamento di Gesù: la remissione dei peccati. Quella di Gesù non è un’assoluzione giuridica, non è dire ‘faccio conto che non sia successo niente’, non vuol dire ‘non riconosco il male’. Vuol dire invece: ti amo al punto che puoi ricominciare da capo. Questo è il senso della remissione dei peccati, che poi Gesù ha affidato ai suoi discepoli e alle sue discepole. Lo diciamo ogni giorno nella preghiera del Padre Nostro: rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Rimettere i peccati vuol dire proprio perdonare, vuol dire comunicare energia perché chi ha fatto il male possa uscirne fuori, possa ricominciare il proprio cammino. E Gesù l’ha fatto con molte persone che l’hanno accompagnato.
L’insegnamento di Gesù stimolo di cambiamento culturale
L’insegnamento di Gesù è stato uno degli stimoli profondi per il cambiamento culturale. Certamente poi anche nella tradizione cristiana le donne sono rimaste sempre soggette, anche per motivi di tipo sociale ed economico, però il principio era molto chiaro nel Vangelo e nel comportamento di Gesù. Paolo lo esprimerà così: non c’è né donna né uomo, tutti siamo chiamati a diventare figli. Anche la schiavitù è rimasta a lungo anche in ambito cristiano, benché ci fosse quell’affermazione della dignità di ogni persona chiamata a essere figlio di Dio. Sono quegli stimoli di tipo culturale che richiedono molto tempo per fermentare come lievito, ma oggi vediamo quest’azione di trasformazione della società, del modo di interpretare le relazioni, del modo di vivere i rapporti.
Io credo che questa è la grande forza del Vangelo. Adesso c’è tutto il problema della posizione della donna nella Chiesa: è il risultato di questo lungo cammino (diciamo lungo, ma sono poi solo duemila anni, che nella storia dell’umanità non sono molto), perché i cambiamenti culturali avvengono passo passo, sono trasformazioni che devono accadere dentro, nel modo di pensare, nel modo di vivere le esperienze che si compiono. Certamente in questo senso Gesù è stato innovatore, ha introdotto dei principi di capovolgimento della visione che avevano allora, della società, delle sue strutture. Ma il cambiamento è avvenuto lentamente. Gli stessi apostoli non hanno accettato subito la prospettiva, c’erano resistenze profonde.
Alcuni dicono: perché Gesù non ha scelto anche le donne come apostole? Io credo che in quella società non avrebbe avuto nessun significato una scelta di questo tipo, perché sarebbe stato di fatto emarginato. Il suo comportamento era chiaro, ma le strutture che sono sorte dalla sua predicazione certamente dovevano seguire delle leggi di efficacia sociale. Però questo non è un argomento per dire che oggi per esempio le donne non possono svolgere determinate attività all’interno della Chiesa perché non sono state scelte come apostole. Portare un argomento di questo tipo è un’incongruenza storica che non ha senso come tale. Quindi è importante che continui la discussione anche all’interno della Chiesa. Infatti come sapete in quest’ultimo tempo un gruppo di teologi tedeschi ha fatto un documento pubblico per chiedere una discussione anche su questi argomenti.
Quindi il cammino di fede di Gesù è stato condotto avanti anche dalle discepole. È importante ricordare che sono state le donne le prime testimoni della resurrezione, soprattutto Maria di Magdala che – dobbiamo ricordarlo – non è una peccatrice, anche se poi nel medioevo s’è sviluppata tutta un’iconografia in questo senso, solo perché Luca dice che sono stati cacciati sette spiriti da lei. Vuol dire che aveva delle infermità, che era stata guarita, l’amore che mostra per Gesù è un amore riconoscente per il bene che aveva ricevuto. È stata la prima testimone della resurrezione e la liturgia antica la ricordava proprio come l’apostola degli apostoli, perché aveva annunciato agli apostoli Cristo risorto. Poi dopo invece la raffigurazione principale è stata quella di peccatrice convertita.